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11 ago 2013

Il "Berlusconi furioso"

di Luciano Caveri

Il "Berlusconi furioso" è un film già visto, eppure ci sono milioni di italiani che lo seguono, come i topolini con il "Pifferaio magico". Su questo in Valle d'Aosta abbiamo poco da fare i saccenti per quel che capita anche da noi. Basti dire di chi conduce il Governo regionale, e che non a caso ha flirtato negli ultimi anni con il leader della destra, perché "chi si somiglia si piglia" nella sostanza e pure nel tono. Ma torniamo al punto, che è la paralisi della politica italiana per il "fattore B". In vent'anni la leggenda del "Cav" in politica è diventata una saga con così tante storie che si incrociano degne di "Beautiful". La sostanza è che da queste vicende, che in una normale democrazia occidentale, avrebbero visto più volte la sua fine, Berlusconi sembra uscire come uno di quegli eroi dei film d'azione, che non muoiono mai e ogni volta la sfangano, anche nelle situazioni più impossibili. Una specie di "supereroe" dei fatti propri e non del bene comune, che riesce a volgere a sua vantaggio situazioni estreme, il cui filo conduttore è il vittimismo. Così, anche in quest'ultimo frangente, con una condanna della Cassazione che si somma ad altre storie che battono alla sua porta, lui - sempre più giovane come un Dottor Faust che abbia fatto un patto con il diavolo (ma c'entra la chirurgia plastica) - appare in televisione con la formula italianissima del "fotte e chiagne". Smessi i panni fasulli dello statista pensoso di poche ore fa, lodato dal Presidente Giorgio Napolitano, tira fuori la faccia suadente cui corrisponde, però, il volto feroce di chi non vuole e non può lasciare la scena, perché il giorno in cui mollasse verrebbe travolto da una valanga. Così riunisce le sue truppe, di cui resta il solo Generale, e detta la linea: «elezioni, elezioni!». Forte - immagino - di sondaggi che lo danno ancora vincente, anche senza essere candidato. Reduce da una batosta che avrebbe stroncato chiunque, Berlusconi - attorniato da fan che pure sentono la puzza di morto - rilancia e detta l'agenda. Da sempre la miglior difesa è l'attacco e l'appello al popolo di un uomo del fare, pronto per un grottesco assalto finale. Che poi il decisionismo non ci sia mai stato conta poco: il leader carismatico investe sulla scarsa memoria popolare e sulla forza della sua energia, costi quel che costi, pur di non finire in galera o ai giardinetti a pensare al passato. Un situazione da schifo, cui bisogna reagire: non perché si debba vivere da antiberlusconiani, ma perché bisogna decidere se esista o no un sussulto di dignità per un'Italia che ha vissuto sull'orlo di una crisi di nervi la Camera di consiglio, in attesa di una condanna penale per un Tizio che ne ha fatte nella vita come Bertoldo in Francia!