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23 lug 2013

Nessuna ambiguità

di Luciano Caveri

Mi è capitato di andare in passato alla "Festa dei calabresi" di Aosta, come "autorità" o come semplice cittadino. Si tratta di una grande kermesse, che è specchio di una parte di quella comunità - in particolare arrivata da San Giorgio Morgeto - immigrata in Valle, specie a partire dagli anni Sessanta. Oggi i calabresi rappresentano, dopo i valdostani - per così dire - di origine, la più numerosa fra le comunità di valdostani d'adozione, spesso ormai molto radicati nei paesi d'accoglienza in un dare e ricevere reciproco, come deve avvenire nella logica d'integrazione. Non ho mai considerato la presenza alla festa, cresciuta di taglia negli anni passati nei vasti padiglioni nell'area Montfleury, con una valenza elettoralistica: spero - forse ingenuamente - che una persona non debba essere votata se balla bene la tarantella, se si strafoca di melanzane alla parmigiana o se distribuisce sorrisi e pacche sulle spalle (e mi fermo al lecito, ma c'è anche una parte oscura, di cui il clientelismo è solo il primo scalino). Spesso questa "simpatia", vera o presunta che sia, conta più della competenza. Ma il voto è un'espressione di libertà, che non prevede patenti di cittadinanza consapevole. La festa di quest'anno si svolge in una temperie particolare, su cui non si può far finta di niente. La sentenza "Tempus venit", che ha riguardato un tentativo mafioso di estorcere del denaro a chi si occupava della costruzione del parcheggio pluripiano nell'area vicino all'Ospedale, mostra brutti intrecci, collusioni e omertà, che dovranno essere ulteriormente compresi. Così è avvenuto per l'inchiesta, gemmata in parte da quella storia e oggetto di una complessa indagine della Magistratura e dei Carabinieri, che porterà a breve ad "illustri" richieste di rinvio a giudizio e c'è chi cercherà di far finta di niente, scaricando su altri. Altro che "capitani coraggiosi"! Dunque sarà pur vero che "The show must go on", ma non si può neanche pensare che tutto sia come prima e non si tratta di essere colpevolisti o innocentisti o di immaginare che le feste di qualunque tipo non ci debbano essere. Ma stupirsi dello stupore e praticare la logica del "tarallucci e vino" non giova a nessuno, neppure a quella gran parte di comunità calabrese che, pur mantenendo tradizioni e collegamenti con la terra d'origine, ha scelto la Valle come il luogo dove far vivere e far nascere figli e nipoti, anche per rompere certe catene. Anzi, credo di poter dire - perché di amici di origine calabrese ne ho tanti - che sono loro i primi a voler evitare che certe ambiguità creino imbarazzi o incomprensioni, perché con la 'ndrangheta non si scherza e la sua presenza, per anni abilmente celata agli occhi del grand public in un logica di mimetismo, oggi rischia di diventare un incubo anche qui. Per questo i "no" devono essere forti e corali.