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06 lug 2013

Chi vive nella "bolla"

di Luciano Caveri

In vacanza, dovunque si vada in Italia, si può verificare quanto la ricezione dei segnali dati telefonici sia cattiva (ma i gestori fanno i furbetti) e lo stesso vale per sistemi wi-fi non sempre dignitosi. Questo obbliga a mettere, troppo spesso, da parte telefoni e tablet con le versioni on line dei giornali e a prendere due piccioni con una fava: godermi la versione cartacea dei quotidiani e scoprirne tutti i limiti. Il giornale è per la mia generazione un piacere fisico, specie se goduto in santa pace e si ritrova qualcosa di antico nello sfogliarlo da cima a fondo. Ricordo quando, nelle pause dei lavori parlamentari a Montecitorio, andavo nella sala di lettura, dove - opportunamente posti su una stecca, che ne evitasse il furto - figuravano i giornali nazionali e quelli regionali, spesso mai visti prima, che davano il senso di un'informazione distribuita come una ragnatela in tutta Italia. Ma sembra passato un secolo da allora e la crisi sta strangolando l'editoria e le note sono dolenti. I dati delle vendite di giornali mostrano una crisi profonda ancora negli scorsi mesi e, l'altra gamba, la raccolta della pubblicità cala paurosamente. Una stretta mortale, che rischia di strangolare il settore e di cambiare lo scenario naturalmente non solo per gli editori, ma anche per i giornalisti della carta stampata, ormai votati al multimediale, che si trovano con un mestiere che che cambia. Perché la gente non legge? Cominciamo dalla vecchia carta, che non corrisponde più alle esigenze, malgrado tutta la retorica che si può fare. Le versioni digitali non sono ancora e neppure un'alternativa per la complessità del prodotto e i risultati modesti nella lettura. E in più, smanettando su Internet trovi da qualche parte gratis - penso ai Tweet che sono sintetici, ma esaustivi - quel che vorrebbero farti pagare. E sin qui si potrebbe essere ottimisti: spunterà di certo qualche metodo per mettere assieme il vecchio e il nuovo. Ma molti non leggono per una scelta simile a quella dell'astensionismo alle elezioni e cioè per una decisione consapevole. Tolto appunto chi legge sulla Rete, ci sono quelli che si accontentano di radio e televisione e oggi dei social media, ma poi c'è chi - e più mi interessa - sceglie il nulla. Il nulla esiste e ho parecchi casi noti. Sono persone che decidono di vivere in una "bolla", che hanno staccato la spina con informazioni essenziali per far parte di un consesso civile. Temo aumentino e la loro scelta mi fa trasalire.