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03 lug 2013

Montagne e mari

di Luciano Caveri

Ricordo, quando nacque il "Comitato italiano per l'Anno Internazionale della Montagna", quanto insistetti per sostituire il singolare con il plurale "Montagne". Mi sembrava più rispettoso delle diverse caratteristiche della montagna italiana, sapendo che la montagna diventa ancora più varia se ci allarghiamo al resto d'Europa e poi al mondo intero. Sulle montagne dei pianeti del nostro sistema solare non mi pronuncio... Giorni fa mi lambiccavo - ma toccherà fare una ricerca - sulla desuetudine in cui è caduto il termine "monte", che indicava un tempo una certa vetta, mentre il termine montagna sembrava avere un'accezione generalista. Ma poi basta pensare al Monte Rosa, che è un insieme sinfonico fatto da diverse cime, per essere smentito, mentre Monte Cervino sarebbe favorevole alla tesi della singolarità del "monte". Più chiaro, mi sembra, il termine "mare", che non ha doppioni. Amo il mare e anche in questo caso propendo per l'uso del plurale "mari". Il Mar Rosso non è il Mar Baltico, l'Oceano Indiano non è l'Oceano Atlantico. Se si pensa, inoltre, alle caratteristiche dei mari italiani non si può che verificare come il Tirreno non sia l'Adriatico, ma poi - se scendi nel dettaglio - ti accorgi che in un'isola come Lampedusa, attorniata sempre dallo stesso mare, tutto cambia a seconda delle coste, come ben sanno i frequentatori del mare domestico dei valdostani, quello della Liguria, che muta da Levante a Ponente. Ricordavo, ieri, di Imperia e delle spiagge di sabbia di Porto Maurizio, che assumono colori caraibici in certi giorni, mentre ad Oneglia ci sono spiagge di sassolini - come la "Galeazza" - dove il mare non degrada lentamente, ma diventa subito profondo. Una grande diversità a poca distanza. Cambia persino il rumore dell'onda che si abbatte sulla sabbia della riva con un suono armonico rispetto a quella che crea un rotolamento dei ciottoli sulla battigia con uno sciabordio inconfondibile. Non ho mai avuto paura del mare: da ragazzino con maschera e pinne mi spingevo distantissimo dalla riva con fondali sabbiosi che erano sempre più profondi. Da adulto ho avuto la fortuna, con le bombole, di vedere fondali ricchissimi, come quelli delle Maldive e del Mar Rosso. Qualche paura, per dire la verità, me la sono presa per certe correnti in Brasile o all'isola della Réunion, dove il rischio squalo è in cartelli esposti sulla spiaggia. Ma sono sempre stati più i pro dei contro e come non evocare la frase ne "I Malavoglia" di Giovanni Verga: "Il mare non ha paese nemmeno lui, ed è di tutti quelli che lo sanno ascoltare". Come le montagne.