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13 giu 2013

La "bolla" della pubblicità

di Luciano Caveri

Discutevo l'altro giorno con uno studente che sta lavorando, assieme a dei suoi colleghi universitari, su nuovi sistemi per motori di ricerca, basati su idee originali e soluzioni innovative. Ho visto il tratto distintivo dell'inventore, che tende a guardare oltre a quanto esiste già e si sa quanto questa scintilla non sia per nulla banale. Ovvio che si sia parlato, fra l'altro, della pubblicità, che oggi è diventato uno dei meccanismi di finanziamento - con forme dirette o indirette, palesi o occulte - del Web nelle sue ramificazioni.Molte volte si dice «è gratis», ma poi si vede - -ad esempio in molte app per "iPhone" - che il prezzo da pagare è la pubblicità che interferisce pesantemente con l'applicazione. Osservavamo, nella discussione, come in Rete funzioni un meccanismo mentale già rodato con la carta stampata, in televisione e per radio. Noi utenti-consumatori abbiamo inventato, grazie ai sistemi plastici del nostro cervello, dei "filtri" che ci consentono di escludere dal nostro campo cognitivo la pubblicità. Se leggo ogni giorno un quotidiano o sfoglio un settimanale so, in un batter di ciglia, liberarmi di buona parte della pubblicità e lo stesso vale per le diverse forme di spot televisivi o radiofonici, persino con un uso rapido del telecomando o cambiando frequenze. Questo su Internet, dove anche il più imbranato può diventare un discreto smanettone, è altrettanto evidente: uno può zigzagare fra banner, filmatini e qualunque altro tipo di annuncio pubblicitario. Sono meccanismi mentali simili alle piccole icone fatte a pattumiera, dove finiscono le mail che non ci interessano o alla galera dove vengono imprigionati in automatico i messaggi ritenuti degli spam. Per cui, prima o poi, anche per la pubblicità - compresa la multiforme pubblicità tabellare - scoppierà una bolla speculativa, costruita su dati di ascolto, di contatti e i mille anglicismi del gergo pubblicitario, che fanno finta di nulla dei nostri meccanismi di difesa e delle astuzie con cui riusciamo a "dimenticare" buona parte dei messaggi pubblicitari con cui siamo bombardati. E vi risparmio, per non infierire, la sensazione di fastidio, quando la pubblicità diventa invasiva, petulante e inutile e ti dici, fra te e te nel consumare una piccola vendetta personale, che quel certo prodotto mai lo comprerai mai, perché ha sbagliato approccio e ti ha infastidito.