La "bolla" della pubblicità
Discutevo l'altro giorno con uno studente che sta lavorando, assieme a dei suoi colleghi universitari, su nuovi sistemi per motori di ricerca, basati su idee originali e soluzioni innovative. Ho visto il tratto distintivo dell'inventore, che tende a guardare oltre a quanto esiste già e si sa quanto questa scintilla non sia per nulla banale.
Ovvio che si sia parlato, fra l'altro, della pubblicità, che oggi è diventato uno dei meccanismi di finanziamento - con forme dirette o indirette, palesi o occulte - del Web nelle sue ramificazioni.Molte volte si dice «è gratis», ma poi si vede - -ad esempio in molte app per "iPhone" - che il prezzo da pagare è la pubblicità che interferisce pesantemente con l'applicazione.
Osservavamo, nella discussione, come in Rete funzioni un meccanismo mentale già rodato con la carta stampata, in televisione e per radio. Noi utenti-consumatori abbiamo inventato, grazie ai sistemi plastici del nostro cervello, dei "filtri" che ci consentono di escludere dal nostro campo cognitivo la pubblicità. Se leggo ogni giorno un quotidiano o sfoglio un settimanale so, in un batter di ciglia, liberarmi di buona parte della pubblicità e lo stesso vale per le diverse forme di spot televisivi o radiofonici, persino con un uso rapido del telecomando o cambiando frequenze.
Questo su Internet, dove anche il più imbranato può diventare un discreto smanettone, è altrettanto evidente: uno può zigzagare fra banner, filmatini e qualunque altro tipo di annuncio pubblicitario. Sono meccanismi mentali simili alle piccole icone fatte a pattumiera, dove finiscono le mail che non ci interessano o alla galera dove vengono imprigionati in automatico i messaggi ritenuti degli spam.
Per cui, prima o poi, anche per la pubblicità - compresa la multiforme pubblicità tabellare - scoppierà una bolla speculativa, costruita su dati di ascolto, di contatti e i mille anglicismi del gergo pubblicitario, che fanno finta di nulla dei nostri meccanismi di difesa e delle astuzie con cui riusciamo a "dimenticare" buona parte dei messaggi pubblicitari con cui siamo bombardati. E vi risparmio, per non infierire, la sensazione di fastidio, quando la pubblicità diventa invasiva, petulante e inutile e ti dici, fra te e te nel consumare una piccola vendetta personale, che quel certo prodotto mai lo comprerai mai, perché ha sbagliato approccio e ti ha infastidito.
- luciano's blog
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Commenti
La pubblicità su Internet...
ha anche meccanismi retributivi diversi, per altri media si paga per posizionarsi alla vista/udito del consumatore, su Internet, principalmente, pagano se il consumatore clicca sulla pubblicità.
Come se in televisione una ditta produttrice di pasta pagasse la pubblicità che viene trasmessa solo quando c'è il riscontro che qualcuno ha veramente comprato il pacchetto di pasta.
Il problema nasce nel momento in cui per far cliccare queste pubblicità su Internet si inventano mille sistemi, rendendole oltremodo fastidiose e invasive.
Per non parlare del tracciamento del utente, ovvero ci sono società che registrano tramite i cookie i siti che visitiamo, quali link clicchiamo cosa ci piace e cosa non ci piace.
Ad esempio il famoso "mi piace" di "Facebook" con la sua immaginetta con il pollice in alto che si trova anche al esterno di "Facebook" su pagine web che si visitano, nel momento stesso in cui noi lo vediamo sulla pagina web anche senza cliccarci sopra, ha già comunicato a "Facebook" che noi siamo finiti su quella tal pagina e, se abbiamo un account "Facebook", e non abbiamo chiuso la sessione, e cancellato i cookie gli permette una nostra profilazione su cosa guardiamo o visitiamo su internet. Altre società fanno lo stesso con mini immagini/oggetti invisibili chiamati web bug.
Fortunatamente esistono strumenti per riprendersi un po' di privacy tipo "adblock" o "ghostery".
Delle due l'una...
o paghi per i contenuti di cui vuoi usufruire o ti sorbisci la pubblicità (vale a dire che qualcuno paga per te). Per questo non ha senso la pubblicità sulla "Rai" o su "Sky", ma siamo in Italia, dove non esiste rispetto per chi paga mentre, invece, chi ruba, è visto come un "eroe".
Tornando sulla questione, l'esempio ideale è "Spotify", la super-mega libreria musicale on line che "aggratis" ti mette la pubblicità durante l'ascolto, altrimenti, pagando, è come avere un lettore mp3 di un milione di terabyte, senza nessuna interruzione ed in alta qualità.
Noi cerchiamo di non essere invasivi e selezioniamo eticamente i nostri (pochi) clienti (niente giochi on line, niente medicinali ed affini, niente siti di incontri) ed abbiamo un riscontro di click intorno all'uno, 1,3 per cento che, di questi tempi, è tanto, tantissimo.
Non so chi ti ha dato l'informazione che la clientela paga la pubblicità a click: non è vero, i cosiddetti "circuiti" pagano quasi tutti a "cpl - cost per lead", cioè quando il cliente effettua un'operazione (tipo chiedere un contatto o comprare qualcosa) e ti posso garantire che i guadagni sono miserrimi, a meno di non "trassare", ma qui finiamo nel penale (cfr. "truffa")
Se poi consideri che in Valle d'Aosta chi dovrebbe tutelare i giornalisti ha parificato la pubblicità istituzionale degli Enti pubblici ad un contributo "a fondo perso" (le quali, in ogni caso, non vengono distribuite equamente tra tutti i media, con una sproporzione inspiegabile verso la carta stampata, i cui risultati pubblicitari, ovviamente non sono assolutamente verificabili) e che alcune testate cartacee "regalano" la pubblicità on line a fronte di un acquisto stampato, capisci bene come il mercato sia e resti in coma profondo.
Aggiungi anche il fatto che non esiste un vero ente certificatore degli accessi sul web e quindi abbiamo funzioni religiose che vengono seguite su Internet da tutta la popolazione valdostana e da mezzo Canavese oltre ad intere città che, improvvisamente, un bel giorno, scoprono certi siti e si iscrivono tutti insieme, a blocchi di cinquecento utenti (non 449 o 501, proprio 500 netti), ai relativi social network ma anche siti che si ricaricano ogni cinque secondi, così da moltiplicare il singolo accesso in centinaia, magari aprendo sotto, senza che nessuno se ne accorga, altri due o tre siti che così, già che ci siamo, facciamo un po' di numeri anche su quelli...
In realtà, alla fine, c'è solo gente molto brava a vendere ghiaccioli ai pinguini... per chi ancora si fa prendere in giro...
Giuste considerazioni, caro Angelo...
di una materia ancora difficile da "afferrare".
Nello specifico mi riferivo...
alle pubblicità che passano tramite "Google" (adsense), che come circuito direi che è abbastanza grosso anche lui e che paga per "cpc" (pay per click) o "cpm" (paga ogni mille visualizzazioni).
Aggiungo un'altra cosa...
sul discorso pubblicità su "Sky" e "Rai" che prendono anche soldi dal canone.
Mentre sono d'accordo, in linea di principio, con quello che dici, in pratica però se non ci fossero le pubblicità, la "Rai" non sarebbe in grado di comprare i diritti per trasmettere quasi nulla, sopratutto eventi sportivi (e personalmente ne sarei anche felice) o film e telefilm recenti con conseguente perdita di gente che li guarda quei canali.
Certo, se poi i mega-ultra-direttori con poltrona di "pelle umana" fossero di meno e pagati di meno, ci sarebbe un risparmio di soldi investibili in programmi migliori.
Egregio Angelo...
prima di dire che "Siamo in Italia, quindi, non c'è rispetto per chi paga, mentre, chi ruba, è visto come un eroe" bisognerebbe fare un distinguo tra Prima e Seconda Repubblica: si può anche fare del qualunquismo becero su Craxi e Andreotti, ma anche un autonomista, deve riconoscere che non è la stessa cosa...
Credo che adesso...
rubino anche di più e senza vergogna...