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16 mag 2013

Certi "j'accuse"...

di Luciano Caveri

Penso che in politica non si debba mai accettare di essere conformisti. Il silenzio e la sottomissione non fanno parte della democrazia, che obbliga chi ci crede a porsi continuamente in discussione. Ci pensavo rispetto alla sgradevole accusa di essere «traditore» che arriva, di tanto in tanto, nel corso della campagna elettorale da parte di chi guarda agli altri e ai loro supposti errori, perché è più facile che pensare ai propri. L'auto-assoluzione è una pratica rassicurante. Pensavo poi alla curiosa combinazione di come dal latino "tradere" derivino termini che usiamo in modo così diverso.

La prima è "tradizione" e significa "il complesso delle memorie trasmesse da una generazione all'altra". La seconda è "tradire" e significa «il venir meno ad un obbligo morale, alla lealtà dovuta». Ci soccorre il dizionario etimologico: «il verbo ha acquisito definitivamente il significato negativo di "tradire" in quanto "consegnare al nemico" grazie al testo evangelico in cui la consegna di Gesù alle guardie equivale di fatto a un tradimento e dove "tradĕre" traduce costantemente il greco "paradídōmi", "consegnare"». Strana la storia delle parole, che crea talvolta - come nell'urto delle pietre focaie - degli spunti che sono come delle scintille. Per questo mi sento di dire che nessuno può essere accusato di tradimento se lo fa, da una parte, in difesa della tradizione e, dall'altra, come marchio di fabbrica dell'Union Valdôtaine Progressiste, insistendo sul termine "progresso". Parola che il grande Michel de Montaigne, nel 1588, così definì con rara efficacia: «transformation graduelle vers le mieux». Per questa tensione positiva, posta fra passato e futuro, chiunque cerchi strade nuove non può essere accusato di tradimento. Anzi, mi sia consentito aggiungere che chi guarda con speranza all'avvenire nel mondo autonomista si trova costretto a tornare indietro a quei valori fondanti e verificare se e come - questo è il punto - si siano traditi quelle idee e quei principi che si trovano alla sorgente. Se nei comportamenti reali c'è chi davvero ha tradito, allora chi se ne va non tradisce affatto, ma semmai torna, con correttezza, lungo il sentiero giusto che è stato abbandonato. Così mi sento di rispondere a chi si trova nella condizione di accusare. Osservava saggiamente il filosofo francese René Daumal: «il existe une vieille et sûre recette pour conserver toujours la paix en soi : c'est d'accuser toujours les autres». Per questo, a certi "j'accuse" bisogna rispondere con un sorriso.