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07 mag 2013

Per una politica senza zombi

di Luciano Caveri

Ogni tanto ci si interroga sulla crisi dei partiti, che un tempo erano la spina dorsale della politica ed oggetto di fedeltà dei propri iscritti o simpatizzanti. Oggi è facile constatare che le certezze sono saltate e nulla è ormai più come prima: il cittadino ha un umore mutevole e considera ormai normale poter cambiare senza farsi dei problemi. Sul fenomeno i politologi hanno versato un mare per scoprire le ragioni di questa umoralità dell'elettore che si muove sullo scacchiere della politica e che, se non convinto, usa l'arma dell'astensionisno. Anche in Valle quello del "non voto" è un grande partito e, se ci si aggiungono bianche e nulle, è il primo partito. Trovo che una delle ragioni che portano alla mobilità e all'infedeltà dei cittadini sia sotto gli occhi di tutti e ben visibile in una Valle d'Aosta dove ribolle la campagna elettorale per le elezioni più sentite, le elezioni regionali. Chiamerei il fenomeno. con il titolo di un film horror, "La notte dei morti viventi", pellicola cult del 1968 del regista George A. Romero, che creò un filone sempre utilizzato da allora con la solita trama: dei poveri abitanti di una cittadina minacciata da orde di "zombi", termine diventato non a caso familiare nel linguaggio corrente e che si riaggancia alle credenze popolari delle Antille, dove si pensa che uno spirito soprannaturale possa dar vita vita ad un cadavere. Proprio il voto, momento supremo della democrazia, diventa croce e delizia dei partiti e lo si constata nel piccolo mondo antico della politica valdostana. Ci sono partiti e politici che sono come i morti viventi e riappaiono solo in occasione delle elezioni, sparendo di fatto negli intervalli fra una consultazione e l'altra. Capita cioè che molti partiti, un tempo tessuto di connessione della democrazia, siano scaduti a comitati elettorali che vivono solo per convogliare, con periodicità scandita dalle consultazioni popolari di vario genere. Come dei fuochi di paglia illuminano per un breve periodo la scena per poi chiudersi, con i propri eletti, nelle stanze dei famosi "Palazzi" di pasoliniana memoria. E per molti "zombi-politici" la politica e l'amministrazione non sono che un apostrofo fra un'elezione e l'altra e il lavoro quotidiano più che per il bene della comunità diventa la spasmodica accumulazione del consenso elettorale (come annoto, con altra prospettiva, nel "Calepin" qui a fianco). Per cui anche questa ragione alimenta il movimentismo elettorale e l'antipolitica e, senza negare l'importanza delle elezioni, chi voglia cambiare i partiti deve sgonfiare il parossismo elettoralistico e cacciare chi pensa solo a quello, facendo una politica meschinella e senza speranza.