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21 mar 2013

Attenzione alla Storia

di Luciano Caveri

Verrebbe voglia di premettere una frase di Kahlil Gibran: "Se un albero scrivesse l'autobiografia, non sarebbe diversa dalla storia di un popolo". Tanto per dire che non voglio accendere nessuna polemica personale, ma che ci sono elementi su cui non si può derogare per principio. Ettore Viérin, presidente del Consiglio comunale di Aosta, nel corso di una discussione su "Twitter" scrive: «Autonomia Vda frutto del momento storico, non della lotta antifascista». Avendo, lui, sette anni fa lasciato l'Union Valdôtaine per aderire a Forza Italia - e penso che sia stato un caso piuttosto raro - la sua affermazione stupisce, perché chi viene dal Mouvement, pur se da sempre è stato attirato dalla destra, dovrebbe avere almeno un vago senso della Storia. Non è che il Municipio di Aosta - l'Hôtel de Ville - si affacci dal dopoguerra su una piazza che si chiama "Emile Chanoux" per un caso. Ma per la scelta precisa di dedicare la piazza principale di Aosta a una figura cardine di antifascista militante che fu una delle spine dorsali della resistenza e poi della Resistenza in Valle d'Aosta. Senza la reazione al fascismo, costruita con coraggio e pazienza sin dagli anni Venti e coltivata anche quando il fascismo pareva trionfante pure in Valle d'Aosta, la moderna autonomia speciale non esisterebbe. E' infatti in quegli anni e nelle discussioni che si concretizzarono nel mondo antifascista che si creò, senza dubbi di sorta, quell'humus culturale e politico su cui si è stata costruita la nascita dell'attuale autonomia speciale. Fa sorridere, se non amareggiasse per il ruolo istituzionale ricoperto, che Ettore Viérin pensi di poter scindere l'antifascismo da quello che lui chiama "momento storico", come se certi lunghi e complessi meccanismi fossero un effetto senza nessuna causa. Come se quel "momento" galleggiasse nel nulla e la dittatura fosse stata un accidente passeggero. Libero di pensarla come vuole - ci mancherebbe! - e d'altra parte il suo partito attuale non ha mai fatto mistero di questi pensieri, avendo inglobato senza problemi quell'area di estrema destra di stampo neofascista che Silvio Berlusconi sdoganò e portò al Governo a suo tempo. Alcuni di questi in Valle sono stati a lungo antagonisti dell'area autonomista per poi avvicinarsi lentamente all'Union Valdôtaine (Viérin non a caso ha scritto di Augusto Rollandin, usando un linguaggio "automobilistico" che gli è consono, «che ha una marcia in più») e per teorizzare, infine, un autonomismo di destra, che è - specie in questa fase storica - un grazioso ossimoro ("figura retorica che consiste nel riunire in modo paradossale due termini contraddittori in una stessa espressione"). Per carità, un "Tweet" è un mondo riassunto in 140 caratteri, per cui si presta a successive spiegazioni e distinguo, e conosco Ettore da anni sapendo della sua buona fede. Ma quel che resta sconcertante è che in controluce si legga un messaggio ben noto: l'antifascismo come idea di sinistra e dunque che può dare allergie. L'antifascismo, che ha avuto specie nella Resistenza armata un forte ruolo dei comunisti che negare sarebbe stupido, è stato in Valle un fenomeno ancora più ricco del pluralismo di idee dimostrato altrove, dove già diversi filoni si incrociavano fra loro. Questo per l'esistenza in più proprio da noi di un comune denominatore che attraversava le diverse famiglie politiche valdostane: la ricerca di soluzioni che consentissero di avere una qualche forma, più o meno accentuata, di autogoverno per la Valle. Una speranza ovviamente in primis avversata dal fascismo e poi, nel dopoguerra, dai suoi eredi di area estrema e da chi era finito, con il trasformismo italiano, nell'area moderata in compagnia dei centralisti, adoratori dello Stato giacobino, di varia matrice. So bene che ognuno può farsi la sua Storia, seguendo il proprio determinismo mentale, ma concepire l'autonomia attuale, omettendo l'antifascismo, è operazione ardita, come un albero senza radici, come l'albero della frase iniziale di Gibran. Avendo Viérin, come collega in Consiglio comunale, Paolo Momigliano Levi, che lo storico lo ha fatto di professione, ne approfitti. Una ripassata ai fondamentali della storia contemporanea è sempre utile. Io lo faccio periodicamente e non è una logica polverosa di guardare al passato.