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01 feb 2013

Su Mussolini e il fascismo

di Luciano Caveri

In senso astratto una frase del genere «Benito Mussolini fece anche cose buone» potrebbe anche non sconvolgere, visto che i tempi della Storia raffreddano le circostanze. Ma bisogna vedere chi e in quali momenti una frase del genere sia stata pronunciata. Se lo si fa in una discussione a tavola fra amici, allora la battuta - nella dialettica di una discussione ad alta voce - non mi scandalizzerebbe. Mille volte mi sono trovato con amici di estrema destra, perché l'amicizia non ha colori, che mi hanno attaccato la solfa del "Mussolini buono". Ogni volta, per quel che potevo fare, smontavo il loro giocattolo e la questione restava fra di noi.

Se invece questa frase la pronuncia Silvio Berlusconi nel pieno di una campagna elettorale, allora è evidente che - in considerazione del suo ruolo del centrodestra (anche in Valle d’Aosta, beninteso, anche se l’appoggio al candidato unionista alle politiche avviene come di nascosto) - non è la stessa cosa. Una frase del genere, studiata a tavolino, immagino debba servire a evitare che i voti dei "nostalgici" vadano ad altre formazioni più a destra. Che questa ragione tattica avvenga il "Giorno della Memoria" dell'Olocausto e in quel binario della stazione di Milano dove partivano i convogli degli ebrei destinati ai campi di sterminio - e dove è nato un bel museo per ricordare - è terrificante. Bisogna essere cinici per farlo e chi stupisce della reazione che si è creata, in Italia e nel mondo, forse non ha fatto i conti sulle responsabilità del fascismo che il tempo non può lenire. Qui non si tratta di discutere se Mussolini abbia modernizzato qualche aspetto della società italiana, in un ventennio di regime, ma di capire quale fosse la natura del fascismo. Il fascismo è stata una dittatura, che ha avuto nel suo affermarsi un evidente gradualità e la complicità e il sostegno di una parte importante del popolo italiano che si riconosceva nelle speranze espresse da un dittatore. Tonnellate di libri hanno scavato sul perché l'Italia sia finita, dopo la Prima guerra mondiale, nelle braccia di quel personaggio camaleontico e ambiguo di Benito Mussolini, finito alla fine a testa in giù in un distributore di benzina di Milano, dopo essere stato preso dai partigiani mentre stava scappando in Svizzera. La genesi di una dittatura è un fatto complesso, ma chi pensi che l’unico errore di Mussolini sia stato l'abbraccio con Adolf Hitler e le leggi razziali, allora dovrebbe fare i conti con la violenza e la carica liberticida del fascismo e delle sue follie colonialiste e belliche e la corruzione profonda che accompagna ogni totalitarismo. Il tempo tende a rendere nostalgico e bello il passato: ma il giudizio su Mussolini e sul fascismo, pure correttamente inquadrato dalla storiografia degli ultimi decenni per evitare letture troppo ideologiche, non può prevedere sconti. Perché dallo sconto si passa con troppa facilità al revisionismo storico, che alla fine rischia di rendere allettante - in ricostruzioni fittizie - quella che fu una tremenda dittatura.