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23 gen 2013

Lunga vita ai mestatori

di Luciano Caveri

Quanto parlare di politica in queste ore, in un Paese, l'Italia, dove le aperture di giornali e telegiornali ci crocifiggono ogni giorno alle dichiarazioni di tutto l'arco costituzionale. Non c'è mai pausa, se non di fronte a terribili casi di cronaca nera, considerati più succulenti dei "pastoni politici". Da noi in Valle d'Aosta non si è ancora a certi eccessi e mi pare che la politica resti qualcosa di realmente di prossimità e questo ha i suoi pro e i suoi contro. Da quest'ultimo punto di vista, i "mestatori" sono dei professionisti seri. Anche in queste settimane lavorano come degli ossessi. Li riconosci per la loro alta capacità di mentire e anche nel proferir menzogna bisogna essere portati.

In questi lunghi anni di militanza politica – più da "fuoco presunto amico" che da avversari di schieramento – mi sono sentito riferire delle scemenze grandiose. Tipo: «Caveri è gay», che come ho già spiegato non considererei un'offesa, ma si dà il caso che per natura mi siano sempre piaciute le donne e non ho ancora cambiato genere. O ancora: «Caveri sniffa cocaina», circostanza falsa perché non l’ho mai provata in vita mia e sono pronto a qualunque prova dal bulbo pilifero in poi. Oppure ancora: «Caveri è ferocemente antimeridionale», che è circostanza che fa sorridere per i molti amici che ho che vengono dal Sud. Infine: «Caveri non saluta» e questo può essere vero perché non sono molto fisionomista e subisco una leggera miopia che mi fa fare delle brutte figure. Ultimissima: «Caveri è massone», conosco chi frequenta questi ambienti, di cui ho rispetto, ma i politici con il cappuccio sono altri. Ma quel che conta non è la favola raccontata, ma apprendere con tristezza come i messaggeri siano sempre alimentati da chi ritiene che questa forma di "parlare dietro" sortisca effetti negativi sul sottoscritto. Che – detto francamente – non ha mai dato credito a tante stupidaggini, di cui ho citato solo un piccolo campionario esemplificativo. Il motto "Bien faire et laissez dire" è ormai un pochino inflazionato, ma sempre buono per tutti gli usi. D'altra parte era Oscar Wilde – e non Giulio Andreotti, che pure lo ha ripetuto, ma con una certa sfortuna – che diceva: «non importa che se ne parli bene o male, l'importante è che se ne parli», frase che pronunciata da Wilde, che ebbe una vita turbolenta, non si sa se sia davvero fondata, anche se poi la posterità sembra avergli dato ragione almeno su un punto: l'ineguagliabile freschezza delle sue opere letterarie. Ma in politica, alla fine, non si sa.