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15 nov 2012

Obama alla Casa Bianca

di Luciano Caveri

Ieri sera sono andato a dormire sereno e non ho passato la notte in bianco per seguire lo scrutinio delle elezioni americane. Solo questa mattina, vinto dalla curiosità, ho seguito gli ultimi istanti che hanno portato alla riconferma di Barack Obama ed alla sconfitta di Mitt Romney. Ribadisco quanto penso: che c'è un pizzico di provincialismo nel dispiego impressionante di forze dei media italiani per seguire le elezioni americane senza svilirne l'importanza. Osservo, ma capisco che è uno sberleffo, che non esiste neppure uno straccio di reciprocità. Il testa a testa c'è stato ma il Presidente uscente ha vinto senza quei rischi di contestazione che aleggiavano. Confesso di non aver ancora capito bene se sia valido o meno questo metodo di voto indiretto con scarsa partecipazione al voto degli elettori e che si affianca al rinnovo delle due Camere, che si confermano una con maggioranza democratica (Senato) e una appannaggio dei repubblicani (Camera) e questo obbligherà Obama nel suo secondo ed ultimo quadriennio di Presidenza alla necessità dell'arte del compromesso. Certo Obama è stato e sarà sfortunato: la sua avventura politica che resta straordinaria - un nero alla Presidenza è il simbolo della libertà - si è inceppata nella crisi economica e nelle difficoltà varie di uno scenario internazionale difficile ed è riuscito a vincere per un residuo di carisma ormai liso dalla difficoltà di trasformare le promesse e i programmi in realtà. Per noi europei resta un interlocutore migliore del suo avversario repubblicano. E' scontato che i democratici siano più aperti al dialogo con il Vecchio Continente, nel limite tradizionale di una politica estera americana che guarda sempre prima al proprio ombelico chiunque sia l'inquilino pro tempore della Casa Bianca. E' raro che in questo spazio mi avventuri nel mare procelloso della grande politica internazionale, ma questo non vuol dire non avere il dovere di seguirla. La nostra Valle d'Aosta è stato un problema politico all'attenzione della grande diplomazia per una piccola frazione della propria storia nell'immediato dopoguerra e ancora oggi stentiamo a capire certi passaggi che hanno segnato la nostra autonomia speciale. La mia tesi è nota: certamente il gioco fra Alleati ha avuto un peso in positivo e in negativo, ma le precondizioni politiche e la partecipazione popolare furono giocate dai valdostani. Ma parlavo di Obama e del suo nuovo mandato. Nel breve volgere di quattro anni, quando lascerà la politica attiva, avrà un ruolo cardine nel rilancio dell'economia mondiale e nella ricerca di soluzioni intelligenti per spegnere i focolai di guerra che minacciano periodicamente di farci ripiombare in una guerra mondiale.