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01 nov 2012

Stiamo vicini ai nostri figli

di Luciano Caveri

Per fortuna non esiste solo una dimensione pubblica, rispetto alla quale, dopo tanti anni di presenzialismo, ho cominciato a nutrire in questi anni un atteggiamento della serie "primum vivere". Non si tratta di snobismo, ma del fatto che è bene che l'opinione pubblica chieda a chi ha un impegno pubblico di coltivare anche una vita familiare. Mi sono "rotto" della retorica sulla famiglia di chi vive sempre e perennemente fuori casa nella continua paranoia che la politica sia moltiplicare i voti. Una logica di attaccamento alla "poltrona" che non mi appartiene, ritenendo - in modo zen - che finché uno serve resta, altrimenti esistono altre vite da vivere e non una sola, sennò sarebbe una noia mortale.

Alexis si appresta a compiere due anni. Questo è il periodo in cui gli piace nascondersi e ripetere all'infinito lo stupore di quando lo si ritrova e fa «cucù». Laurent è sulla dirittura d'arrivo dei diciassette anni e alterna alti e bassi d'umore come tutti alla sua età e inizia a pensare a che facoltà scegliere all'Università. Eugénie che di anni ne ha 15 sorride sardonica in un mondo che si è creata con una soavità invidiabile condita da un umorismo sferzante e legge bei romanzi. Mai avrei pensato di avere tre figli: sono stato discretamente scanzonato fino ai 36 anni e poi ho imboccato la strada della famiglia. Separato come molti della mia generazione, credo - pur avendo dato vita ad un secondo rapporto di coppia - di non essere mai venuto meno ai miei doveri di genitore. Rimpiango forse, nella fase più carrierista della mia vita, prima che relativizzassi un pochino la febbre della politica, di aver registrato qualche assenza di troppo, assorbito da un'etica del dovere che forse era degna di miglior causa. Spero di aver recuperato in tempo. Mestiere difficile quello di genitore per il quale nessuno ti prepara. Viviamo in un mondo in cui vieni formato a tutto, tranne che a questo lavoro quotidiano così bello e difficile, che alla fine si apprende giorno per giorno, coltivando la speranza di non fare troppi errori. Non ho mai nascosto qui un'evidente preoccupazione per i tempi attuali e le prospettive future. Ragionavo giorni fa con mio fratello Alberto, anche lui padre di una ragazzina, Sophie, su quanto le nostre generazioni - lui è del 1953, io del 1958 - abbiano vissuto una vita in continua crescita economica e avvolto da un rassicurante benessere. Siamo stati fortunati e, nel limite delle nostre capacità, abbiamo cavalcato l'onda prendendoci le nostre soddisfazioni, mettendoci sempre scrupolo e impegno come ci ha insegnato nostro padre, forse persino inculcandoci un eccesso di zelo che ogni tanto non ci ha permesso leggerezze utili. Ammiro i cultori dell'arte sublime del cazzeggio. Per i giovani oggi è tutto in salita, le strade sono meno libere e molte porte chiuse. Spetta a noi genitori evitare di essere "laudatores temporis acti" e farli vivere bene nella loro pelle e nella loro epoca. Sapendo che i tempi grami e le preoccupazioni passeranno e anche per loro le difficoltà potranno trasformarsi in opportunità. Stiamo loro garbatamente vicino e un giorno ci ringrazieranno.