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28 ott 2012

L'addio di Berlusconi

di Luciano Caveri

Non ho mai avuto - e penso che non avrò mai - l'occasione per un faccia a faccia con Silvio Berlusconi. A differenza di altri leader italiani, l'ho incontrato parecchie volte nei molti anni in cui è stato sulla scena politica, ma sempre in contesti ufficiali e mai da solo. Per altro ricordo che mai è venuto in visita ufficiale in Valle d'Aosta e gli unici che lo hanno visto in azione in Valle sono alcuni dirigenti del "Casinò" di Saint-Vincent all'epoca in cui veniva agli incontri di "Publitalia" e pagava sale e pranzi con mirabolanti "cambi merce". La prima volta che lo incontrai, dopo la sua "discesa in campo", ero deputato e l'ultima in qualche incontro a "Palazzo Chigi" da presidente della Regione. In mezzo decine di situazioni in cui mi ha sempre dato l'impressione che l'ufficialità lo annoiasse, essendo un uomo abituato a decidere in proprio e senza quelle mediazioni cui la politica costringe che immagino gli fossero insopportabile. Ma la politica, e non solo per il "gusto del potere", è attività attrattiva, che strega davvero e libero così tante endorfine da renderla una droga e liberarsene non è semplice e dimostra carattere. Tanto che oggi, rispetto alla sua decisione di non candidarsi, molti commentatori si chiedono se davvero sia così o se, ad esempio di fronte a primarie che diventino un massacro per il Popolo della Libertà, il Cavaliere non stia lì, ancora pronto a "mettersi a disposizione". Non mi stupirei che così potesse essere, a meno che davvero gli sia scattato un "clic" e si sia stufato di tutto e alla sua veneranda età ne avrebbe pure diritto. Berlusconi ha fatto di tutto per far scadere la sua immagine in una logica caricaturale, ma farne una caricatura non è solo ingiusto verso il suo indubbio carisma, ma credo non restituisca la complessità della sua personalità e anche i molti misteri che un giorno verranno definitivamente svelati sull'origine reale delle sue fortune e della sua lunga avventura prima imprenditoriale e poi politica sulla soglia di quella che venne chiamata Seconda Repubblica. Vedremo che cosa avverrà e non si può certo far finta di niente e del fatto che il "berlusconismo" sia risultato estranero alla Valle d'Aosta. Con la sua uscita di scena, ammesso che ci sia davvero, finisce un partito personalista, quale era stato Forza Italia, pur nelle successive trasformazioni. Credo che in questo modo termini anche l'epoca dell'"uomo solo al comando", ormai l'eccesso di complessità obbliga anche i leader ad avere squadre forti e motivate, altrimenti prima o poi arriverà per chiunque il "redde rationem".