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17 ott 2012

Prima che sia troppo tardi

di Luciano Caveri

Nell’intervenire nei giorni scorsi al "Comitato delle Regioni" e fra qualche ora al "Consiglio d'Europa" sulla grave compressione del sistema italiano della democrazia locale da parte del Governo, non ho preso un colpo di sole e non mi sono trasformato da mediatore a pericoloso estremista. Io la penso sempre nello stesso modo, ma il "caso italiano" è quello di una giravolta senza precedenti e in poche ore si è passati da un federalismo parolaio all'adorazione dello Stato Nazione in una logica giacobina indegna di una democrazia moderna. Devo appunto dire che certe scelte, messe tutte assieme in un crescendo rossiniano, mi indignano. Esiste un percorso fatto a tavolino e perseguito con lucida determinazione per chiudere la pagina del sistema autonomistico locale. Fra i punti cardine del progetto, che considero antidemocratico e persino criminale, distruggere le autonomie speciali, come se fossero tutte uguali, allineate cioè sulla grottesca situazione della Regione siciliana.

L'emergenza incalza, l'antipolitica galoppa, le "mele marce" diventano occasione per dire che tutti si è uguali negli sprechi e così il «dado è tratto»: con l'uso senza precedenti del meccanismo decreto legge-fiducia parlamentare il Parlamento è diventato un fantasma, la politica latita con partiti diventati buoni per un voto cieco e sordo, l'opinione pubblica è eterodiretta da un neocentralismo che finge che Roma sia diventata una capitale efficiente di uno statalismo cui è stato dato uno smalto senza precedenti. I giornali e certe trasmissione televisive si piegano a questa interpretazione dei fatti con una condivisione sconcertante con una serie di "Catoni censori", molti dei quali nati e allevati dalla peggior partitocrazia e che ora fingono di essere delle verginelle della prima ora. "Confindustria" maledice, con il suo presidente che legge note chissà scritte da chi, ogni forma di autonomismo e le associazioni locali di "Confindustria" tacciono di fronte a certi diktat ridicoli. Una costruzione da "tempesta perfetta" che mira al sodo: una dittatura "dolce" e soporifera che schiacci gli eletti locali e gli elementari principi di democrazia che ormai sono sanciti a livello europeo, sia dall'Unione europea e ancor di più da Convenzioni internazionali del "Consiglio d'Europa", cui l'Italia aderisce. Tempi duri per chi crede nel federalismo e nella democrazia di prossimità. In Italia non esiste la possibilità di fare il controcanto per la semplice ragione che emerge un "pensiero unico" che tende a chiudere ogni discorso. Il primo a farlo è Mario Monti che, freddo come una trota, tratta il sistema regionale e comunale con una sufficienza e un disprezzo mai visti dal dopoguerra ad oggi. Roba da aver paura e che invita alla reazione, prima che sia troppo tardi.