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03 ott 2012

Quel telefonino che ho in mano

di Luciano Caveri

Non comprerò l'iPhone 5: per ora il modello precedente che ho basta e avanza. Non seguirò la logica di alcuni amici che aspettavano da mesi il modello ultimo grido e si sono precipitati a fare le code nelle scorse ore. Per altro diffido istintivamente dei modelli nuovi perché resta l'atavico dubbio che ci sia ancora qualcosa da mettere a posto. Ancora oggi quando acquisto un'auto non mi capacito che non ci sia più quel periodo di rodaggio che un tempo era obbligatorio. Pur essendo ormai da anni un fruitore del telefonino Apple, eviterò di esaltarne le caratteristiche perché, seguendo per curiosità i siti specializzati della marca in questione, mi sono reso conto che esiste da sempre una sorta di rivalità fra i fans dei prodotti con la mela e il resto del mondo. Io stesso ho un figlio con un "Galaxy" che passa il tempo a dire peste e corna del mio portatile e ad esaltare il suo prodotto coreano e a poco serve citare la nota sentenza che ha visto la "Samsung" dover scucire un sacco di soldi per ricopiature effettuate. Resta comunque da riconoscere a Steve Jobs - la cui morte ha privato la "Apple" del proprio leader - la stoffa dello straordinario innovatore, come dimostrato dalla corposa e ben nota biografia e dai prodotti in circolazione che hanno avuto il pregio di rendere sempre più portatile un vero e proprio computer integrato alla telefonia e soprattutto al mondo incredibilmente vasto di Internet. Chi usa questi prodotti credo abbia una duplice consapevolezza. La prima è positiva: le numerosissime e versatili applicazioni consentono di poter fare un mare di cose e chi si abitui a sfruttare per il lavoro e per il tempo libero il proprio iPhone ha visto aprirsi possibilità un tempo impensabili in un solo strumento. Il secondo aspetto è problematico: esiste il rischio di essere compulsivi e vagamente maniacali e ritrovarsi il telefonino sempre in mano come una nuova schiavitù tecnologica. Tutte le tecnologie nascono per supportare noi esseri umani nelle nostre necessità e a questo bisogna attenersi, prendendo il buono e scartando il cattivo nel loro uso. Non si tratta mai di avere oggetti né come nuova dipendenza né come come status symbol e spesso chi ridicolizza questi telefoni-computer appartiene a quella ancora vasta parte di popolazione che ha deciso di vivere in una parziale o totale forma di analfabetismo digitale, che al posto di essere una dimostrazione di anticonformismo è una scelta di isolamento.