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20 set 2012

Per spiegare un'assenza

di Luciano Caveri

Non sono andato alla festa degli indipendentisti a Cogne alla quale ero stato invitato dalla Lega. Due le ragioni. La prima è che l'Union Valdôtaine ha deciso di non andare per la coloritura della manifestazione e ho ritenuto corretto adeguarmi alla scelta e naturalmente non l'ho fatto per paura di chicchessia. La seconda, che sarebbe stata in subordine, è l'assenza e dunque l'impossibilità di incontrarlo di Roberto Maroni, nuovo leader della Lega, la cui mancata partecipazione nei complessi equilibri interni suona come una presa di distanza da questo incontro voluto dal sulfureo Mario Borghezio. Conosco da anni Mario e so che un po' "lo è" è un po' "ci fa", sapendo che una posizione oltranzista e dichiarazioni borderline gli assegnano una visibilità altrimenti impossibile e lui gioca con i media questa parte del bizzarro. Ogni tanto finisce male, come per il "caso Breivik", il norvegese autore della terribile strage nel luglio 2011, quando Borghezio annunciò «comprensione» per le motivazioni di fatti agghiaccianti e la Lega prese le distanze dalla "sparata". E pensare che il tema indipendentismo è argomento interessante, restando nella sola Europa. Ricordo nel 1979 la nascita di una nuova Repubblica della Confederazione elvetica, il Jura svizzero, che diventò il ventiseiesimo cantone elvetico. Oppure c'è l'altro caso caso della fine della Cecoslovacchia nel lontano dicembre 1992 con la nascita di due Repubbliche indipendenti: Cechia e Slovacchia. Medesimi movimenti ci sono con il prossimo referendum scozzese nel 2014 per andarsene dal Regno Unito e analoga richiesta potrebbe arrivare dal Galles, mentre la situazione irlandese resta ancora più complessa per il fattore religioso. Non manca molto che analoga storia si materializzi in Belgio fra fiamminghi e valloni e intanto un milione e mezzo di catalani in piazza a Barcellona rilanciano l'indipendentismo della Catalogna e una parte delle forze politiche basche hanno mantenuto le stesse aspettative. Ci sono indipendentisti in Sardegna (e qualche sopravvissuto in Sicilia) e in Corsica e Bretagna, ce ne sono tanti in Sud Tirolo e schegge di venetisti, lombardi e liguri. Per finire il giro: ci sono speranze di indipendenza per le isole Farøer dalla Danimarca. E in Valle d'Aosta? Esiste nella storia un filone che potremmo definire senza complessi indipendentista, che nella storia va dalla Resistenza (compreso in parte Emile Chanoux) scompare e riappare, specie attraverso quel principio di autodeterminazione presente anche nello Statuto dell'Union Valdôtaine in una logica di federalismo integrale. Personalmente l'ho scritto bene questo concetto di autodeterminazione nella seconda versione, quella presentata nel 1993, della proposta di legge costituzionale per un'Italia federale, molto più concreta di tanti fiammeggianti proclami verbali. Lavorare con correttezza istituzionale e rispetto per la Costituzione e lo Statuto non preclude spazi politici nuovi e diversi a fronte dei processi futuri di crisi politica degli Stati nazionali come li conosciamo oggi, sapendo che coprono una parte infinitesimale di storia. Certo se l'equilibrio oggi minacciato della nostra autonomia speciale venisse posto in discussione nelle sue fondamenta nella logica, che temo già avviata, di soffocamento, questo vorrebbe dire che si vuole sciogliere quel "patto politico" alla base della nostra specialità. Deriva che spingerebbe una parte del mondo autonomista su nuovi terreni di lotta politica.