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24 set 2012

Il futuro della Verrès

di Luciano Caveri

Seguo con particolare preoccupazione il destino della "Verrès SpA" per il suo carattere esemplare di crisi e perché è il mio paese natale e conosco molti dipendenti. Nato nel 1972, lo stabilimento ereditò le attività di monetazione della "Cogne", nate battendo moneta nel 1944 ad Aosta in parte con materiale delle miniere di Cogne in epoca di Repubblica di Salò e poi nel dopoguerra producendo quei tondelli che poi venivano coniati dalla Zecca a Roma, come poi si è continuato a fare per decenni in bassa Valle, passando dalla lira all'euro e lavorando anche per numerosi Paesi stranieri. Quando la fabbrica andava a gonfie vele, gli organici crescevano, mentre il rarefarsi delle produzioni ha portato ai 77 dipendenti di oggi, dopo la chiusura sbagliata di quel reparto di microfusione che era un'eccellenza tecnologica. Non è stato l'unico errore di questi anni di un "Poligrafico dello Stato", socio di maggioranza, che ha imbarcato soci sbagliati italiani e stranieri e vertici aziendali non sempre all'altezza dei cambiamenti necessari e che non hanno mai pagato certi comportamenti. In particolare - i sindacati sanno che l'ho sempre detto - diversificando in qualche modo le produzioni e la bella nicchia della fonderia artistica non era sufficiente a reggere la prevedibile crisi della produzione dei tondini per le monete. Ora il "Poligrafico", dopo tentennamenti vari sul da farsi, sembra intenzionata a fare di Verrès un suo stabilimento dimezzando i dipendenti, mentre la parte artistica vivrebbe di vita propria. Vedremo cosa capita e ieri a Palazzo regionale i dipendenti hanno trasmesso tutta la loro angoscia e il Consiglio Valle ha votato un documento di sostegno e d'impegno per il Governo regionale. Chi segue la fabbrica per la Valle è "Finaosta", socio di minoranza in passato, con rappresentanza non sempre brillante come controllo di che cosa avvenisse nella società e calo per carità di patria un silenzio sul passato. Ora bisogna guardare al futuro dell'industria in quella zona e in tutta la Valle, perché altre brutte voci rimbalzano su altre attività produttive e la crisi potrebbe sortire nuove emorragie difficili da contrastare fra limiti agli aiuti pubblici e aziende che piuttosto che aprire attività qui delocalizzano in Paesi dove il lavoro costa meno e ci sono meno tutele sindacali. Anni fa tracciammo come Giunta non solo una mappa di quali aziende attrarre per non avere certe brutte sorprese del passato, ma proprio a Verrès fu imbastito un accordo con la "Lavazza" che non ha avuto seguito, purtroppo.