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22 ago 2012

L'esibizione della scorta

di Luciano Caveri

Quando una dozzina di anni fa divenni Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, mi divertii molto - specie il giorno del giuramento nella "Sala Verde" di Palazzo Chigi - a sentire alcuni colleghi (di cui taccio il nome per carità di patria) che fra di loro parlavano della "scorta". Mi pareva di capire che l'idea di essere accompagnati dalle Forze dell'ordine solleticasse il loro ego e che lo ritenessero un vero e proprio status symbol, specie nel collegio dove venivano eletti, perché la lettura esterna pareva essere quella di diventare "uno che conta" e che come tale protetto. Per quel che mi riguarda, quando mi venne chiesto che cosa intendessi fare dissi che non avevo alcuna preoccupazione per la mia incolumità né a Roma e ancor meno in Valle d'Aosta. Per cui per gli spostamenti nella Capitale - servizio che usavo raramente e in condominio con altri - mi venne assegnata una vecchia "auto blu" con autista e alla guida, a seconda dei turni, si alternavano un carabiniere e un finanziere, entrambi in borghese ed armati. Aggiungerei che solo una volta in tutta la mia vita, non avendo mai avuto paura di incontrare nessuno, ho avuto un pochino di preoccupazione ad Aosta, quando qualche croupier del Casinò (oggi assolutamente mansueti di fronte alla crisi aziendale, ma allora assai aggressivi anche perché eterodiretti) si avvicinarono con aria minacciosa e ci pensarono due poliziotti della "Digos" in quattro e quattro otto a rimettere i pochi facinorosi al loro posto.  Intendiamoci: io penso che in un'Italia dove esistono ancora frange terroristiche è bene che alcuni rappresentanti delle istituzioni vadano difesi davvero da possibili azioni violente. Il caso di Marco Biagi, ucciso anche grazie alla sciatteria di uno Stato che non diede seguito alle minacce che riceveva, non può ripetersi, ma se si guarda in modo analitico a chi gode delle scorte (che hanno diversi livelli a seconda della pericolosità cui viene esposto il soggetto sottoposto a protezione) si vede che in certi casi non ce n'è affatto bisogno per dei "Signor Nessuno" e in altri casi le scorte possono essere serenamente sfoltite e ci sono molte circostanze in cui la scorta  può tranquillamente non esserci. Vi è poi l'aspetto scenico della scorta e del suo uso: chi passi una giornata a Roma non può che essere schifato dall'esibizione delle sirene spiegate, delle palette esposte dai finestrini, da "autorità" portate sino ai piedi dell'aereo come se fossero delle Madonne pellegrine. Questa Italia, in queste cose e in altre ancora, assomiglia purtroppo ad una Repubblica delle banane.