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20 ago 2012

Il carcere di Brissogne

di Luciano Caveri

Scrivo "a caldo", perché viene meglio, della visita ferragostana al carcere circondariale di Brissogne. I problemi anche quest'anno restano simili agli anni precedenti. In termini di affollamento, si viaggia attorno ai 280-290 detenuti (di cui una decina di valdostani), con una percentuale di cittadini extracomunitari di varia nazionalità, che oltrepassa il sessanta per cento. Questo in passato sarebbe stato definito sovraffollamento, ma la nota sentenza della Corte di giustizia permette - per ciascun detenuto e in caso di emergenza carceraria - piccoli spazi ciascuno per le detenzione e questo ha dilatato magicamente le carceri italiane, che scoppiano invece tutte di reclusi. Per l'Amministrazione carceraria il problema restano i fondi gravemente insufficienti, che rendono problematica l'ordinaria manutenzione, la fortunitura di beni essenziali (tipo carta igienica e detersivi), lavori che migliorino la condizione detentiva (tipo campo di calcio agibile) o denaro che paghi decorosamente i detenuti per i "lavoretti" che svolgono all'interno. Il peggio per il carcere valdostano sono i colpevoli ritardi dello Stato che in questi anni hanno ritardato il passaggio alla Regione della sanità penitenziaria e questo, tenendo conto dei problemi psichiatrici, di tossicodipendenza e di malattie infettive, pesa sulla quotidianità non solo dei detenuti, ma anche della polizia penitenziaria. E' un peccato che manchi il decreto ministeriale che ponga fine alla vicenda, sapendo poi che nel frattempo sono stati allestiti gli ambulatori necessari. Tragica la dotazione dei magistrati di sorveglianza, essendoci oggi un solo magistrato che copre Novara, Verbania e Aosta, comportando ritardo in alcuni decisioni importanti per i detenuti. Esiste qualche sprazzo di luce, come il fatto che in alcune sezioni le celle restino aperte durante il giorno, "decomprimendo" la nevrosi da prigionia e vi sono quattordici detenuti (pochi apparentemente ma sono tanti rispetto alla media nazionale) che svolgono diversi lavori e altri sono impegnati nel tempo in corsi di formazione professionale. L'unico applauso scrosciante, ad interrompere la triste litania dei problemi dei detenuti incontrati, è venuto quando uno di loro ha gridato: «Facciamo l'amnistia!». Un ben strano Paese quello dove per sopperire a carceri insufficienti si deve pensare a provvedimenti di clemenza.