Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.
23 lug 2012

L'unità delle "speciali"

di Luciano Caveri

Hanno fatto bene i Presidenti delle quattro autonomie speciali del Nord a ritrovarsi ieri a Borghetto all'Adige, in Provincia di Trento, per avere una strategia comune, dopo i reiterati attacchi alla specialità, la cui ultima tappa è il decreto legge della "spending review". Era ora, verrebbe da dire. E penso di poterlo scrivere senza complessi, visto che nella lunga attività parlamentare quello del lavoro quotidiano con le altre autonomie differenziate era il caposaldo e immodestamente vorrei dire che si è visto nei risultati concreti di quegli anni. E non è un caso se, in coerenza con quella proficua esperienza, da presidente decidemmo con l'intera Giunta una trasferta di due giorni per incontri bilaterali a Bolzano, Trento e Trieste con quelle autonomie "gemelle" con cui lavorare assieme anche a difesa dei rispettivi Statuti speciali. Non sempre questa linea comune si è mantenuta e specie con il Governo Berlusconi c'è chi ha voluto cercare strade proprie con molti effetti annuncio e scarsi risultati a conti fatti. Ora con Monti, come non mai, muoversi in ordine sparso sarebbe stato un errore, perché questa volta gli attacchi a certi principi dell'autonomia mirano al cuore. Non si tratta di spennare la "gallina dalle uova d'oro", ma di tirarle il collo. E lo si fa fingendo che non si tratti di una scelta politica ma di una sorta di obbligo tecnico dovuto a imposizioni che arrivano da Bruxelles. Balle! Se prima gli attacchi alle autonomie erano come brevi e fastidiosi temporali, ora siamo nel pieno di un ciclone distruttivo, che potrebbe portare alla fine dell'autonomia speciale come concepite dalla Costituente. Altro che federalismo!  Qui in gioco c'è una fasulla eguaglianza al ribasso e di un regionalismo ridotto al lumicino godrebbe solo il ritorno di un centralismo cialtrone e inetto. Spiace che Sicilia e Sardegna (con qualche distinguo per quest'ultima, che può tornare nella partita) non si rendano conto che senza un'azione comune - essendo loro l'anello debole fra le speciali - sono loro a rischiare di più, anche se ovviamente i siciliani contano sulla loro dimensione e sul gran numero di parlamentari. A questo cambio di velocità dopo l'incontro in Trentino, deve ora seguire una forte azione dei partiti autonomisti che hanno ragion d'essere solo se di fronte agli attuali scenari catastrofici mostreranno la loro forza. Altrimenti saranno complici di questa pagina nera. E sia chiaro che la Valle d'Aosta, senza la garanzia internazionale, rischia più di altri per le sue piccole dimensioni.