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11 giu 2012

Juste milieu

di Luciano Caveri

Nessuno si aspettava la crisi economica con la forza e la virulenza che sta dimostrando ormai da quattro anni. Ogni volta che si accenna ad una timida possibilità di uscita, la crisi torna con prepotenza assumendo forme nuove sempre più perniciose. E' vero che oggi la paternità dell'evento viene rivendicata da diversi soggetti: dagli anticapitalisti all'estrema destra e all'estrema sinistra, da economisti e studiosi che se la "sentivano", da chi – occupandosi di Pubblica amministrazione – si accorgeva di come la macchina onnivora dello Stato sociale fosse ormai scappata di mano. Comunque sia ci siamo ancora dentro e devo dire di essermi abbastanza stufato sia degli ottimisti ad oltranza sia delle Cassandre che ci danno per morti.
"Juste milieu" è capire come uscire dalla crisi senza che, almeno rispetto alla nostra Autonomia speciale, la Crisi (fatemi per una volta sola usare la maiuscola) si mangi le nostre istituzioni.

Consentitemi su questo di fare il punto. Le crisi economiche, come si vede benissimo nei sistemi federali come gli Stati Uniti, servono al centro per guadagnare terreno rispetto alla logica policentrica del potere contrapposta allo Stato Nazione giacobino. Così è sempre stato e lo vediamo benissimo nel "caso italiano" degli ultimi anni: dalla "logica Tremonti" siamo passati alla "logica Monti" e per la Valle d'Aosta questi ultimi anni hanno significato "tagli" al riparto fiscale al grido solito e ben noto «siete troppo ricchi!». Ma emerge il secondo filone, ancora peggiore del primo: non si tratta, infatti, solo di affamare Autonomie speciali togliendo risorse, ma anche purtroppo di intaccare poteri e competenze, specie – lo si vede con l'uso del "Principio di concorrenza" come caposaldo dello Stato – usando come pretesto l'Unione europea e le sue regole. Questo, per capirci, violando il "Principio della sussidiarietà", che – nella logica di una matrioska – dovrebbe contenere la "bambolina" della Valle d'Aosta nella pancia della "bambola" più grande dell'Italia e poi in quella dell'Europa. Ma qui il rischio è che quelle al posto di contenerci confortevolmente ci vogliano mangiare! Capisco che l'accusa nei confronti del mondo autonomista è quella di agitare spesso lo spauracchio per serrare le fila, ma qui – vi assicuro – che non si tratta di agitare chissà cosa ma di affrontare una realtà fattuale: ormai cresce la spinta per la soppressione delle Regioni a Statuto speciale e, come in un pacchetto completo, la fusione di quella più piccole con entità più grandi. Per risparmiare, si dice, mentre la realtà è che le "speciali", pur con tutti i loro difetti che potrei elencare meglio di altri, restano il solo caso di sovranità diffusa contro lo strapotere di uno Stato scalcinato e non funzionante. Meglio spegnerle certe luci, almeno tutti possono serenamente stare al buio.