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12 giu 2012

Finisce la scuola

di Luciano Caveri

Questa mattina, per l'ultima volta in quest'anno scolastico, lungo il quotidiano tragitto fra Saint-Vincent e Aosta, porto i miei figli a scuola (rientrano a casa in treno). Di fatto quello di oggi è l'ultimo giorno di lezione, domani al Liceo Classico hanno organizzato una giornata all'aria aperta, come chiusura in festa e si organizzeranno con i loro compagni di classe. Ovvio che questa giornata ti faccia ritornare al passato e scorrono, in un flash-back, i ricordi degli ultimi giorni di scuola in quella rigidità dei cicli che caratterizzano la pubblica istruzione: sfocatissime ma dai colori sgargianti sono le immagini delle elementari, più nitide quelle delle medie quando avevi maggior consapevolezza, mentre le superiori sono del tutto presenti e, a partire da una certa età, premessa ad estati indimenticabili, specie - come aveva ragione chi te lo diceva allora - quella fatidica vissuta dopo la Maturità. Il tempo appariva "sospeso" in un'attesa piena di speranze per una porta che si apriva verso il mondo degli adulti. Poi  con Università e con il lavoro, la nozione di "ultimo giorno di scuola" scompare e con essa quell'insieme di sensazioni irripetibili, di cui godi solo solo di riflesso con i figli e nipoti. Certo è che quando si guarda indietro tutto appaia più bello per un meccanismo di rimpianto che cancella il brutto e lascia solo i ricordi migliori. Eppure, rischiando di apparire un vecchio barbottone, non nascondo - ai tempi della crisi più cupa nella mia vita - di quanto mi capiti di pensare alla differenza di contesto fra me e i miei figli. L'onda lunga del dopoguerra, pur piena di problemi, contraddizioni e dolori di quei decenni che l'operazione di ripulitura della memoria non deve dimenticare, dava ancora la sensazione di un mondo in progresso e delle molte opportunità che si aprivano davanti a noi giovani. Oggi il clima e diverso e regna il pessimismo, per altro tangibile in dati evidenti: molti giovani rinunciano all'Università, cresce la disoccupazione giovanile, vi è meno propensione al rischio, inseguendo una propria vocazione. Vi è anche un generale disimpegno verso la politica e una visione più intimistica della propria vita. I giudizi generali sono sempre arrischiati, ma spero davvero che si esca dalle difficoltà attuali e che una comunità piccola come la nostra si impegni ancora di più per il futuro dei nostri ragazzi per evitare che siano fragili e smarriti in questa situazione che angoscia noi adulti e loro con noi.