Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.
10 giu 2012

Troppa fretta

di Luciano Caveri

La fretta è una cattiva consigliera. La vicenda della bomba di Brindisi obbliga tutti ad una riflessione: chi l'ha messa è un anziano imprenditore che voleva vendicarsi per una vicenda giudiziaria di un credito che non era riuscito a riscuotere. Essendo il Tribunale troppo sorvegliato, avrebbe ripiegato sulla scuola. Questo sarebbe il copione della vicenda. Oggi ne sapremo di più, ma quel che è certo è che cadono i due filoni, quello della pista mafiosa e quello di un'azione terroristica. Chi - me compreso - aveva predicato la cautela aveva poi colpevolmente finito per sentirsi un pirla di fronte alla mobilitazione dei "professionisti dell'indignazione espresso" che avevano invaso le televisioni per commentare gli orrori di logiche stragiste e di disegni complottisti. E' bene fare pubblica ammenda e riflettere sui meccanismi sempre più veloci di un'informazione che ruota su canali nuovi, che io stesso uso, come quel "Twitter" che ha offerto - per dare subito le notizie - una rapidità nella diffusione che "brucia" tutti gli altri media. Ma il rischio è quello della "bufala" (in gergo giornalistico la notizia infondata) o della dietrologia, rispetto alla notizia, amplificata dalla maledetta fretta. Ognuno in Rete si sente libero di esprimere opinioni e congetture anche su temi che non conosce ed è uno spazio di libertà importante che comporta, come rovescio della medaglia, il rischio di improvvisazioni o di straparlare. Penso ora a certe manifestazioni, a fiaccolate, a lunghi dibattiti televisivi e ad articolesse sui giornali. Mi riferisco a certi leader improvvidi ed a "professionisti dell'antimafia" neppure sfiorati dal dubbio, certi della loro indignazione. Certe analisi a caldo erano convincenti e appassionate, ma oggi appaiono degne di miglior causa. Poi erano subentrate la tardiva prudenza e l'impressione che a Brindisi si consumasse nella magistratura una lotta fra chi non si rassegnava al gesto isolato e chi invece cercava altre piste, come quella che ormai è giunta alla fine con una confessione. Addolora che quelle ragazze, specie la vittima, Melissa, nei meccanismi del caso che sovrastano le nostre vite, si siano trovate nel posto sbagliato nel momento giusto, vittime di un tizio assetato di una vendetta con la quale non c'entravano nulla. La storia del "matto" (tra virgolette perché cercherà magari di evitare il processo con la follia) chiude la vicenda e ci ammonisce per il futuro.