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03 mag 2012

L'ingovernabilità italiana

di Luciano Caveri

Da molto non scrivo del Governo Monti. Sarà che c'è poco da scrivere: l'esecutivo tecnico, pur scelto dalla politica, quando eravamo sull'orlo del baratro, ha inserito la retromarcia e abbiamo evitato il peggio. Il prezzo da pagare, però e forse non poteva essere altrimenti, lo abbiamo regolato noi contribuenti con una fiscalità che ha raggiunto punte mai viste e tutto il sistema autonomistico è stato costretto a tagli draconiani. I valdostani hanno pagato più degli altri in termini di "tagli" ai sistemi regionale e comunale con prelievi che pesano gravemente sui bilanci. Un salasso nel nome del solito pregiudizio «tanto siete ricchi e privilegiati», cui bisogna sempre reagire con rudezza che dall'altra ci siano Silvio Berlusconi o Mario Monti. I "professori" - sull'onda di una iniziale popolarità evidente dopo il degrado del berlusconismo - sono passati ormai da un alto a un basso gradimento e ciò malgrado nel frattempo i partiti e la politica abbiano espresso il peggio possibile in un clima intriso - per concomitanti ragioni - di antiparlamentarismo, qualunquismo e demagogia. I "tecnici" ormai vivacchiano aspettando le elezioni politiche e l'attuale "Grosse koalition" che in Parlamento mette assieme tutti - tranne la Lega azzoppata e i piccoli partiti autonomisti come UV e SVP - rischia di essere un modello ambiguo per per il futuro. L'assenza di una reale dialettica politica stride con la democrazia e maggioranze troppo larghe, con soggetti troppo diversi, creano situazioni grottesche di difficile convivenza e di sconcerto negli elettori. «Monti - ha detto  in una recente intervista il presidente della Provincia di Bolzano, Luis Durnwalder - non tratta, è un tecnico, e nei colloqui si limita ad annuire». Un'immagine sconsolante che nulla toglie ai meriti dell'attuale Premier, ma conferma la parabola di chi, partito a gran velocità, finisce per essersi perso nei meandri romani e il rispettabile attivismo europeista non aggiusta il tiro. L'ingovernabilità italiana resta una malattia incurabile che tritura anche i migliori e l'illusione centralista, oggi imperante, è la risposta sbagliata.