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03 mag 2012

I fantasmi all'orizzonte

di Luciano Caveri

Poiché non viviamo nel mondo delle fiabe, è immaginabile che le tre lettere dell'alfabeto che reggono il Governo Monti, Alfano, Bersani e Casini, si ritrovino di tanto in tanto senza la presenza del Premier. L'esistenza e la sopravvivenza del Governo tecnico è una loro quotidiana responsabilità: siamo in un sistema parlamentare retto sul principio della fiducia ottenuta dall'Esecutivo alle Camere. Questo "peso" significherà anche, periodicamente, capire dove sta portando questa "esperienza eccezionale", nata per evitare il peggio e che dovrebbe traghettare l'Italia alle elezioni del 2013, quando le istituzioni dovrebbero tornare alla normalità.

Il Governo tecnico, fatto così, pur essendo costituzionalmente legittimo, è di sicuro un fatto anomalo. Nella storia repubblicana, e non solo, il peso dei "politici" è sempre stato largamente preponderante e questo fa parte dei meccanismi della democrazia rappresentativa. Io ho l'impressione che i tre leader della "grande coalizione", che ha cancellato in un batter d'occhio anni di liti al calor bianco, facciano il seguente ragionamento: "a Monti tocca il compito ingrato e improbo di tassare e tagliare. Queste scelte difficile e impopolari lo stanno sempre più trasformando in un parafulmine su cui si scaricano le arrabbiature di vario genere di tutti i cittadini". Il ragionamento concatenato potrebbe essere: "questi Professori sono destinati non solo a bruciarsi, ma l'azione di un Esecutivo tecnico potrebbe infine sortire ai partiti l'insperato regalo di passare da crescente oggetto di odio a qualche cosa da rimpiangere in confronto alla rozzezza e alla spocchia dei tecnici". Io non so se a immaginarmi questa ricostruzione ci prendo o no. So solo che, se mai esistessero certi ragionamenti, sono purtroppo fallaci. Chiunque frequenti persone normalmente interessate alla politica e alle istituzioni, fuori dalla cerchia degli addetti ai lavori e dagli appassionati al tema, si scopre sempre più con sconcerto un tasso enorme di analfabetismo istituzionale e di totale catatonia rispetto alla politica, ai suoi giochi e ai suoi protagonisti. Chi pensava che la democrazia sviluppasse conoscenze e interessi può invece quotidianamente verificare che, a conti fatti, i meccanismi di partecipazione non hanno affatto sortito un interesse alla conoscenza. Per cui A, B e C su questo dovrebbero riflettere. Non solo prendendosela con i demagoghi, i populisti e i leader dell'antipolitica come Beppe Grillo, ma rendendosi conto che se mai esistesse un calcolo che mira a creare un rapporto di causa-effetto fra la arrabbiatura verso i "tecnici" ed uno sdoganamento in positivo dei vecchi partiti, allora io credo che il calcolo sia sbagliato. A me sembra che stia crescendo un'indistinguibile rabbia verso non solo gli inquilini momentanei dei palazzi del potere, ma verso le istituzioni considerate incapaci di reagire alla crisi e dove questo porti è difficile dire. Su questo sarebbe bene aprire una discussione nella politica italiana, perché una visione di breve periodo rischia di non consentire una visione d’insieme e in fondo, all'orizzonte, si agitano tanti fantasmi, compreso - ma spero che sia solo un mio timore - il rischio di una svolta autoritaria.