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28 apr 2012

"Perché nell'alba non ci sorprenda il nemico"

di Luciano Caveri

So quanto il rischio di essere melensi sia da evitare nel parlare del giorno della Liberazione, festività ormai priva di significato per molti, purtroppo anche in Valle d’Aosta. Capita ogni tanto di fare il parallelo fra la retorica risorgimentale e quella resistenziale, constatando come con il trascorre degli anni e la scomparsa i protagonisti cali un lento oblio e certe idee e valori diventino un fatto remoto. Così, nel segno della semplicità, propongo una nota poesia sulla Resistenza del grande Primo Levi, che vale più di tante parole.

Dove siete, partigia di tutte le valli, Tarzan, Riccio, Sparviero, Saetta, Ulisse? Molti dormono in tombe decorose, quelli che restano hanno i capelli bianchi e raccontano ai figli dei figli come, al tempo remoto delle certezze, hanno rotto l'assedio dei tedeschi là dove adesso sale la seggiovia. Alcuni comprano e vendono terreni, altri rosicchiano la pensione dell'Inps o si raggrinzano negli enti locali. In piedi, vecchi: per noi non c'e' congedo. Ritroviamoci. Ritorniamo in montagna, lenti, ansanti, con le ginocchia legate, con molti inverni nel filo della schiena. Il pendio del sentiero ci sarà duro, ci sarà duro il giaciglio, duro il pane. Ci guarderemo senza riconoscerci, diffidenti l'uno dell'altro, queruli, ombrosi. Come allora, staremo di sentinella perché nell'alba non ci sorprenda il nemico. Quale nemico? Ognuno e' nemico di ognuno, spaccato ognuno dalla sua propria frontiera, la mano destra nemica della sinistra. In piedi, vecchi, nemici di voi stessi: La nostra guerra non e' mai finita.