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23 apr 2012

Il mio 25 aprile

di Luciano Caveri

Non avendo vissuto di persona la Resistenza, ho avuto solo due possibilità per capire gli eventi. Il primo è, attraverso la conoscenza di chi ha vissuto quegli anni, ascoltare per capire. Ho avuto la fortuna, per questioni generazionali, di poter ascoltare tanti testimoni, che oggi purtroppo sono ridotti al lumicino. La seconda è, con la lettura dei libri, formarmi una mia opinione. E va detto che la storiografia si è fatta nel tempo sempre più ricca e ha scavato in ogni dove, smettendo sempre più i toni agiografici.

Ecco perché, pur non dando alla data del 25 aprile nessuna chiave di lettura retorica o trionfalistica, la Festa della Liberazione resta per me un punto di riferimento nel mio percorso personale. Così penso in questo giorno ai miei familiari "resistenti" in diversi modo e misura e a tutti quelli che, a chiusura della Seconda guerra mondiale, hanno creduto - ciascuno con il suo apporto - alla necessità che l'Italia (e la Valle d'Aosta, perché altrimenti non avremmo uno straccio d'autonomia!) tornasse alla libertà. Mi addolora che ormai una parte d'italiani, influenzati sempre di più dalla parte che uscì perdente, giochino tutte le loro carte per svilire i significati legati alla celebrazione. Si conta in questo su un effetto oblio e su un revisionismo storico che nulla ha a che fare con l'esattezza della Storia, che obbliga a capire bene gli avvenimenti per evitare che a ricostruire il passato siano solo i vincitori. Ma bene sarebbe grottesco che il rispetto per i vinti e la necessità di essere esatti sulle circostanze - perché certe critiche a comportamenti gravi del mondo partigiano come vendette o ruberie sono sacrosante - si spinga fino a dare ragione, tanto tempo dopo, ai vinti. Chi erano i vinti? In breve: i nazisti e i fascisti. Per cui va molto bene ogni forma di rispetto umano e di accettazione della buona fede dei singoli. Ma, ciò detto, chi tenta di rovesciare le frittate e di dire che, in fondo, se nel 1945 a vincere fossero stati gli "altri" sarebbe stata la stessa cosa, allora «no!». Sono stufo dello "sdoganamento", del "negazionismo", della "pacificazione nazionale" e di tutto l'armamentario propagandistico di chi mira a modificare la realtà. Così come, per essere chiaro, mi ha sempre innervosito l'idea, mai morta in quello schieramento, dei comunisti (oggi ex) di impadronirsi della Resistenza tutta intera. "Ora e sempre Resistenza!", anche in Valle, è uno slogan che va declinato nel rispetto della pluralismo di idee che c'era nell'antifascismo, specie in un'epoca in cui l'estrema destra - anche di stampo fascista - torna sulla scena in Europa. Sono degli spettri brutti e cattivi da non sottostimare, perché la barbarie delle dittature cova sotto la sabbia e approfitta delle epoche di crisi, come quella attuale.