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19 apr 2012

La lobby "buona" della montagna

di Luciano Caveri

Il termine "lobbista", pensando alla politica italiana, inquieta. Si tratta di uno spazio mai normato dalla legge in Italia e occasione - lo si vede in parte nelle vicende di vario genere che stanno colpendo il sistema dei partiti italiani  - per dar spazio ad un sottobosco di personaggi che agiscono nel torbido. Naturalmente non sempre e non per tutti è così: persone corrette, per fortuna, ci sono anche nell'interlocuzione con i "decisori" per perorare cause giuste. Ma le "lobbies buone" rischiano spesso di essere danneggiate dalle "lobbies cattive", che "ungono" gli ingranaggi. In Europa le normative vigenti obbligano alla trasparenza dei "gruppi di pressione", che agiscono a vantaggio degli interessi di cui sono portatori. Fra un sistema comunitario organizzato e visibile, in cui pure esistono spazi di miglioramento per evitar sorprese, e l'incertezza e l'ambiguità all'Italiana - in larga parte all'ombra, purtroppo - c'è un abisso. Ci riflettevo, incontrando i colleghi dell'Associazione eletti della montagna in una riunione in Portogallo ai piedi della montagna più alta del Paese, nella parte di territorio europeo, la Serra de Estrela, che sfiora i duemila metri. Sono ormai anni che sono un "lobbista buono" a favore di misure a vantaggio della montagna. Ho cominciato a farlo in Italia venticinque anni fa e in Europa da una dozzina d'anni. A Roma va detto che molto si è giocato sui rapporti personali, cercando soluzioni prevalentemente legislative che tornassero a vantaggio delle zone montane. In Europa quest'attività  si staglia con maggior nettezza e, pur se i rapporti personali sono sempre utili, è necessario che ogni azione sia documentata. Ci si appoggia più sugli esiti delle decisioni senza aver mai l'impressione che ciò avvenga solo per un "piacere" o per una qualche concessione. In Italia anche questa è una strada da percorrere: chiarezza nei meccanismi d'interazione con la politica proprio per evitare camarille, inciuci, corruzioni varie e l'impressione sgradevole che, in certi casi, il legislatore e la burocrazia siano eterodiretti come marionette legate a dei fili.