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06 feb 2012

Olimpiadi? No, grazie

di Luciano Caveri

Se l'Italia fosse un Paese normale, nessuno penserebbe seriamente, con questi chiari di luna, a candidare Roma per le Olimpiadi del 2020. La crisi economico-finanziaria è sufficiente, al di là delle molte altre considerazioni possibili, per dire che oggi mettere le risorse nel "superfluo" sarebbe una scelta eccentrica. I "tagli" pesanti al sistema del Welfare nel nome del rigore sarebbero difficili da spiegare con tutto quello che servirebbe in termini di investimento per dare una credibilità alla candidatura di una città sempre più scalcinata come Roma.  Oltretutto, mentre le "speciali" restano ormai considerate come delle galline da spennare senza tanti complimenti (a proposito: ma Mario Monti la Valle d'Aosta non la riceve?) e con un vero e proprio accanimento, Roma Capitale ha avuto regalie di vario genere con il federalismo fiscale, scelta di cui bisogna in parte ringraziare la Lega del celebre «Roma ladrona». Poi, come sempre, bisogna intendersi sullo schieramento di quelli "a favore" dei Giochi Olimpici, che sbandierano tra l'altro studi fatti da fior di economisti nell'intento ovvio di «chiedere all'oste se il vino è buono». Ci sono, infatti fior di persone in buona fede che considerano questa "vetrina" come importante per l'Italia e per lo sport italiano e ce ne sono molti altri che sono attirati come le mosche da "grandi eventi" e "grandi opere" - tutto il mondo è paese - nella convinzione che ci sia "ciccia" da spartire. Non è neanche il caso di perdere tempo e di indicare il caso di scuola di Atene e di altre città olimpiche per ribadire che, comunque sia, si tratta di un'operazione azzardata dal punto di vista economico e pure si può dubitare di una loro reale utilità promozionale.  Consentitemi, per una volta, di risparmiarvi il pistolotto sulle Olimpiadi fortunatamente scampate dalla Valle d'Aosta, visto la piega che aveva preso la candidatura. Per altro è un passato denso di ammonimenti anche sul presente.