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30 gen 2012

Sono davvero curioso

di Luciano Caveri

Ho già rimarcato come in questi anni la nostra autonomia speciale, al di là di dichiarazioni affettuose e logiche da parata, sia nel mirino dello Stato. Più si blaterava attorno al federalismo e più ci prendevamo delle batoste e ciò non riguarda solo l'aspetto più prosaico, cioè i soldi. Solo due esempi. Il primo riguarda le norme d'attuazione dello Statuto, che sono il "motore" che rende dinamica la nostra autonomia. Non solo viviamo il paradosso di norme già varate dalla "Commissione Paritetica" che sono sparite e non vanno al Consiglio dei Ministri (la più importante riguarda l'ordinamento linguistico), ma ne abbiamo di vigenti che lo Stato - violando la Costituzione - non applica con un'inconcepibile scelta unilaterale (penso alla regionalizzazione del Catasto e al trasporto ferroviario: tutto fermo). Il secondo è la mancata concretizzazione di una promessa, fatta a destra come a sinistra, di inserire seriamente in Costituzione il principio dell'intesa per evitare modifiche non concordate degli Statuti speciali da parte del Parlamento nazionale. Un'assicurazione sulla vita per la "specialità", altrimenti soggetta in qualunque momento a rischi di sparire e questa è la fondamentale distinzione fra il federalismo "vero"  e il regionalismo italiano. Un esempio illuminante arriva da un'Ansa di ieri da Cagliari. "Procede in Senato - si legge - l'iter dei disegni di legge costituzionale di riforma della composizione dei Consigli delle Regioni a statuto speciale (Sicilia, Sardegna, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige, Val d'Aosta). Completata oggi l'illustrazione dei provvedimenti da parte dei relatori, Francesco Sanna (Pd) e Ferruccio Saro (Pdl), la prossima settimana la commissione Affari Costituzionali inizierà una rapida indagine conoscitiva per poi passare alla discussione e preparare i testi per l'Aula". Nel quadro fosco per le Regioni a Statuto speciale e le Province autonome, specie quelle del Nord, avanza - come fosse davvero una priorità - la logica della riduzione degli eletti, numero fermo a trentacinque nel caso valdostano dal 1948, quando la comunità era ancora più piccola di oggi. Ho scritto in passato che il tema non è un tabù, ma oggi sarebbe offensivo partire da questo punto senza un disegno vero di rispetto dell'autonomia speciale e delle sue prerogative. Ma leggiamo ancora la notizia: ''abbiamo deciso di avviare l'indagine conoscitiva per consentire il più ampio regime di pubblicità all'audizione dei Consigli regionali - spiega Sanna - Insieme alle proposte di riforma della composizione dei Consigli provenienti dalle assemblee legislative regionali, ai pareri che esse rendono sui progetti di legge di iniziativa parlamentare, introduciamo un'ulteriore occasione di confronto diretto tra autonomie speciali e Parlamento. L'ampliamento della discussione - argomenta il senatore del Pd - è un modo di riaffermare la natura "pattizia" degli Statuti speciali, di fonti normative di rango costituzionale dove si realizza l'accordo sulle questioni fondamentali che legano e impegnano lo Stato e le Regioni. Penso che la trasparenza con la quale si arriverà a questo accordo andrà a vantaggio della condivisione della riforma dei Consigli regionali e non ne rallenterà il cammino in Parlamento''.  Avendo il Consiglio Valle stabilito, con voto democratico, che il numero in questa fase non si tocca son curioso di vedere se la pratica sarà archiviata dal Senato o se sceglieranno di operare "manu militari".