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08 gen 2012

Non essere dei "falabrac"

di Luciano Caveri

Si moltiplicano, con grande fermento, le prese di posizione le più disparate a favore della soppressione delle autonomie speciali. Ultimo in ordine di tempo a chiederlo è il professor Luca Antonini, costituzionalista, che dovrebbe essere cauto sul tema nella sua veste di Presidente della pur fantomatica "Commissione tecnica paritetica sul federalismo fiscale" (anzi, nominato da Silvio Berlusconi potrebbe anche intendersi ormai decaduto). Si dirà: nulla di nuovo sotto il sole. Sin dalla Costituente che varò l'articolo 116 della Costituzione che sancisce l'esistenza delle "Speciali" e che approvò la prima versione degli Statuti d'autonomia (fu successiva la nascita del solo Friuli Venezia-Giulia) iniziarono le prese di posizione dei contrari.  Ricordo che con la riforma del regionalismo nel "Titolo V" della Costituzione - culminata nel 2001 - ci fu una riscrittura del 116, prevedendo forme di specialità per tutte le Regioni. Il testo in vigore, frutto di una discussione cui partecipai attivamente, è questo: "1. Il Friuli Venezia Giulia, la Sardegna, la Sicilia, il Trentino-Alto Adige/Südtirol e la Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste dispongono di forme e condizioni particolari di autonomia, secondo i rispettivi statuti speciali adottati con legge costituzionale.  2. La Regione Trentino-Alto Adige/Südtirol è costituita dalle Province autonome di Trento e di Bolzano. 3. Ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di cui al terzo comma dell'articolo 117 e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alle lettere l), limitatamente all'organizzazione della giustizia di pace, n) e s), possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata, sentiti gli enti locali, nel rispetto dei principi di cui all'articolo 119. 4. La legge è approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti, sulla base di intesa fra lo Stato e la Regione interessata".

Vivendo allora tutto il dibattito che portò alla riforma, posso testimoniare che anche in quel momento le "autonomie differenziate" contavano su parecchi nemici, aumentati in questi tempi di crisi nel quale cavalcare il populismo è semplice. Si può far finta di niente, basandosi sul fatto che la bufera passerà. Oppure è possibile porsi su di una posizione difensiva: le norme di rango costituzionale non sono foglie al vento e dunque non possono essere modificate per un capriccio contingente. Ma questa tattica di protezione, esattamente come quella attendista, appaiono ormai insufficienti e il rischio è che intanto qualcuno continui a stringere una sorta di "garrota politica" che soffochi le "Speciali", culminando in una bella revisione costituzionale. Allora, in tempi di "liberi tutti" in cui nessuno sembra seguire regole elementari di rispetto e di sacralità di norme costituzionali storiche, io credo che si debba essere offensivi e smettere di subire attacchi indiscriminati. Per quel che mi riguarda, ho intenzione di dire ovunque forte e chiaro che ogni messa in discussione dell'autonomia speciale, in un quadro regressivo e non certo nella agognata ma sempre più distante riforma dell'Italia in senso federale (professor Antonini, ma pensa davvero che il federalismo fiscale contenesse del federalismo?), significa una rottura storica inaccettabile, che porrebbe i valdostani nella piena legittimità di ridiscutere in profondità i rapporti con lo Stato, perché all'atto fondativo della Repubblica italiana esisteva una logica pattizia di tipo politico non modificabile unilateralmente.  Altrimenti, se restassimo inattivi, allora saremmo, con un piemontesismo, solo dei "falabrac".