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24 nov 2011

Mucche al pascolo

di Luciano Caveri

I campanacci delle mucche, che tintinnano nella notte, mi hanno fatto tornare ai primissimi ricordi di quand'ero bambino. Ero a Pila, a casa della zia Eugenia, e nel letto, con i materassi scricchiolanti pieni di foglie, sentivo la mandria dell'alpeggio vicino. Stanotte, a tanti anni di distanza da allora, sentivo i campanacci delle mucche lasciate al pascolo nei prati vicini a casa. Confesso che non ricordavo che in questa stagione, in cui ormai le temperature vanno sotto zero, si lasciassero ancora i bovini all'aperto, visto il gelo. Ho visto che lo si fa anche in altre zone della Valle, segno di una tendenza. Se il mio papà veterinario ci fosse stato ancora gli avrei chiesto un commento: lui mi diceva sempre che la mucca valdostana era "rustica", nel senso di particolarmente resistente rispetto alle razze ormai impigrite da stalla, ma chissà quali sono i limiti di questa robustezza. Sono andato a curiosare se esistano o no delle normative in materia. In Valle non essendoci una legislazione specifica, anche se sul benessere animale vigono normative comunitarie, ci si deve rifare agli usi e consuetudini, per cui esiste l'obbligo elementare di fornire al bestiame da bere e da mangiare. Diverso sarebbe stato in Svizzera dove si prevede, quando la temperatura è rigida, che si allestiscano appositi ripari che consentano al bestiame di proteggersi, creando un gruppo che serve a difendersi dal freddo. Non è dunque questione di contributi, perché da noi ormai ci sono stalle che non hanno nulla a che fare con le stalle anguste di una volta e fanno delle nostre mucche delle "principesse Sissi", ma forse di stabilire delle regole.