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19 set 2011

L'addio a Bonatti

di Luciano Caveri

Guardavo ancora poco fa le immagini dell'ultimo "Piolet d'Or" con un Walter Bonatti ottantenne con una vigoria fisica e un sorriso impensabili per un uomo della sua età. Sembra incredibile che questo grande alpinista, diventato poi nella sua seconda vita fotografo di grande qualità per una serie straordinaria di reportage d'avventura per l'ormai scomparso settimanale "Epoca", sia morto. Questa sera negli spazi televisivi di "RAI VdA" manderemo in onda un programma realizzato nel 1998 da Carlo A. Rossi, in cui viene disegnato un ritratto di Bonatti un uomo dal carattere difficile, direi permaloso, che anche in Valle ha diviso il mondo fra odio e amore per il suo carattere franco e spigoloso. Fra il 1949 e il 1965, quando a 35 anni lascia di fatto l'alpinismo estremo, le sue salite diventano memorabili. A creare il "personaggio" ci pensa anche l'attenzione che radio e televisione, quest'ultima nascente, gli dimostrano per la sua capacità dialettica e il tratto un po' guascone. Una caratterizzazione che a Bonatti piace e che gli servirà anche nel giornalismo in giro per il mondo. Negli ultimi anni diverse occasioni erano servite per stemperare molte polemiche, quella famosissima sul K2, con il "CAI" che dopo un'inchiesta vera e propria riconobbe il suo ruolo e i torti subiti durante la scalata della seconda vetta del mondo, ma anche il difficile rapporto con le guide alpine (restituì il suo libretto di guida non a caso nel 1964), specie con i colleghi di Courmayeur, per nulla teneri nel commentare alcune sue imprese sul Monte Bianco. Ora il velo della storia si posa sulle spoglie mortali di un'eroe della montagna, cui va il riconoscimento di "grande" senza "se" e senza "ma". La storia dell'alpinismo ha ormai deliberato di questa sua grandezza in parte vissuta e realizzata sulle nostre montagne.