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15 ago 2011

Quando c'era il "lento"

di Luciano Caveri

Per la generazione precedente alla mia la definizione era, testimoniata anche da una canzone di Rita Pavone del 1964 ("Il ballo del mattone"), "il ballo della mattonella", inteso davvero come dondolamento sul posto. Per la mia, più semplicemente, il "lento", protagonista indiscusso delle speranze di conquista (ma, come sempre, a scegliere erano le ragazze), specie estive, prima che i social network consentissero – come avviene per i ragazzi odierni – di tastare il terreno. Ho stampato nella memoria – era l'estate del 1974 a Porto Maurizio – uno dei primi miei "lentacci" con una ragazza di Bergamo, Silvia, sulle note strazianti di "Bella senz'anima" di Riccardo Cocciante o penso ai "lenti" di quei tempi – al già citato "Galion" di Champoluc – con la suggestione della fluorescenza e dei bianchi sfolgoranti grazie alla "lampada di Wood" (c'era chi indossava appositamente solo una camicia bianca su abbronzatura d'ordinanza per creare un effetto fantasmagorico nel bianco dell’occhio e dei denti). Il "lento" era attentamente soppesato anche nelle feste in casa, che allora si usavano molto con montaggio di impianti stereo e apparecchiature volanti con luci stroboscopiche. Al momento dovuto, dopo gli "shake" (altra definizione d'antan), partivano, come le frecce di Cupido, i "lenti" con illuminazione ridotta all'essenziale e tu, con il batticuore, partivi verso la ragazza oggetto delle tue attenzioni (dipendeva poi tutto dal «sì» all'invito e dalla successiva corrispondenza alla "stretta") e il "test" era appunto probante per un "flirt" (o "filarino"). Mio figlio Laurent, che è della generazione che verifica le possibilità sulle chat e evita così clamorose "facciate", vive un momento in cui dice in sostanza «beati voi, che vi divertivate più di noi» e mostra una qualche curiosità per la pratica, ormai in naftalina, del "lento". Io naturalmente, nel tristemente polveroso terreno del "laudator temporis acti", riempio la nostalgia di particolari gustosi per farmi bello del glorioso passato. In fondo, però, lo compatisco davvero di non provare l'emozione del "lento".