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09 lug 2011

Gli eccessi del "dio mercato"

di Luciano Caveri

Ogni tanto in politica si creano delle discussioni improvvise. L'altro giorno al Gruppo dei liberali e democratici, di cui faccio parte in Europa, si trascinava stancamente - anche per colpa di un soporifero funzionario della Commissione - una discussione su di un rapporto in aula sul futuro dei servizi d'interesse generale, quando nelle cuffie sento la traduzione dell'intervento di un collega ungherese che cita, tra l'altro, l'esito dei referendum in Italia sull'acqua. Penso che forse è bene intervenire e lo faccio poco dopo: in breve dico che il voto plebiscitario degli italiani va compreso, perché se è vero che liberalizzare e privatizzare non sono la stessa cosa, va anche detto che la percezione dei cittadini è che in certi settori la liberalizzazione non abbia sortito miglioramenti reali nei servizi o prezzi più bassi, anzi semmai le cose sono peggiorate. Concludo e penso che verrò sbranato. Invece, uno dopo l'altro, intervengono colleghi di diversi Paesi: gli inglesi che lamentano i costi folli dell'acqua, la tragedia delle ferrovie privatizzate, le telecomunicazioni in tilt. Un francese annuncia la desertificazione in vaste zone dagli uffici postali o il mancato allacciamento d'energia elettrica in località marginali, un lituano parla del raddoppio delle tariffe dei sistemi di riscaldamento centralizzati delle città, lo svedese si arrabbia per la nascita generalizzata di monopoli privati peggiori di quelli pubblici. Così si sceglie - e lo incasso come un buon risultato - il tema del seminario del prossimo anno: cosa non funzioni nell'uso eccessivo delle liberalizzazioni, quali siano i limiti di regole di concorrenza che uccidono la concorrenza, cosa determini il limite agli "aiuti di Stato" che privano intere zone di servizi essenziali che nessuno vuole fornire. Non regge l'assioma semplificatore: "privato buono, pubblico cattivo". E un brivido percorre la sala quando si prefigurano gare per servizi sanitari, scolastici, di assistenza ad anziani e disabili. Il troppo stroppia ed è bene rivedere alla moviola scelte e conseguenze di alcune politiche di questi anni. Il mercato va bene, il "dio mercato", come idolo della modernità, vacilla.