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20 mag 2011

La febbre del gioco

di Luciano Caveri

Un giorno verrà - e si osservano tutti i segni premonitori - che sul mostruoso sistema italiano dei giochi, nato in pochi anni a cavallo fra Stato e privati, si farà luce e le rivelazioni saranno impressionanti. Troppi furbi e furbetti (e odor di zolfo della criminalità organizzata) si agitano in questo mondo che sembra piacere ad una parte della politica, visto che un "gratta e vinci" o una maggior liberalizzazione dei giochi istantanei porta soldi, facilmente e subito, allo Stato al posto di mettere nuove tasse. Ma resta un modo, comunque, per spennare i cittadini, che certo lo fanno per il loro piacere e non per obbligo, come dimostrato dalla sentenza della Cassazione per il denaro che i "prestasoldi" danno ai giocatori senza quello "stato di necessità" su cui si fonda l'usura. Tuttavia - e senza eccessi moralistici che non mi appartengono - questa moltiplicazione dei giochi ha implicazioni sociali: troppi cedono alla tentazione compulsiva, una volta limitata ufficialmente a qualche lotteria annuale e  alle sale dei Casinò. Oggi i giochi occhieggiano in tabaccherie e bar, dove le slot-machine sono ormai la normalità, mentre on-line si è aperto uno spazio enorme che alimenta gli appassionati e conosco persone che sono ormai sinceramente ossessionate da un vera e propria dipendenza. Chissà se non sia un giorno il caso di studiare approfonditamente il caso in Valle, magari valutando anche l'impatto sulla popolazione (specie i pensionati) della parziale apertura della Casa da gioco di Saint-Vincent ai residenti valdostani, ai quali per oltre mezzo secolo era stato impedito di farsi prendere dalla febbre del gioco nel "loro" Casinò.