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14 mag 2011

Un mondo che non c'è più

di Luciano Caveri

Una volta le feste dei partiti erano un grande momento d'aggregazione. Ma la madre di tutte le feste - inutile contarsi storie - era la "Festa dell'Unità". Quando c'era il partito comunista, in tutte le Regioni italiane c'era un pullulare di queste feste. Ricordo quand'ero ragazzo di aver assistito a concerti bellissimi in grandi città, mentre in centri minori nugoli di volontari assicuravano costine cotte al punto giusto. In compagnia ho passato delle serate divertenti e quando i "comunisti" vengono dipinti come pericolosi eversori, sarebbe bene capire quale fosse il reale volto del PCI italiano, specie dopo la rottura con Mosca. In Valle la lunga stagione dell'UV con i comunisti fu, in un clima ancora più difficile e complesso perché quella sì era l'epoca della "guerra fredda", una scelta coraggiosa e controcorrente da valutare per la sua portata storica. Spesso, per affermare la differenza reale di un movimento autonomista, bisogna avere il coraggio di "essere contro" e non carezzare il pelo del potente di turno.

Ricordo, sempre a proposito di queste grandi feste di piazza, anche i dibattiti, cui partecipai come politico ad Aosta, Champdepraz e ad Issime in un clima stra-paesano in cui il dibattito si mischiava alla festa popolare con un grande successo di pubblico, che non era fatto solo di militanti. L'idea, anche per chi non aveva simpatie per quel partito, era quella di un'organizzazione forte e di quella capacità di studio e di approfondimento che gli altri non avevano. Qui in Valle l'Union Valdôtaine aveva creato, con analogo successo, i "Rendez-vous valdôtain" in cui, in "salsa valdostana", si offrivano contenuti analoghi: buona tavola a poco prezzo, momenti di politica e di ballo liscio. Alla fine di estenuanti campagne elettorali si finiva lì, alla festa unionista, per un bagno di folla. Ricordi indelebili e straordinari. Poi, cambiando il mondo, queste feste dei partiti sono risultate decotte e le versioni moderne non sono che un pallido ricordo di quel passato. Troppe feste in giro, crollo del volontariato, disagio nella militanza politica, stringenti regole igienico-sanitarie e il peso catena di responsabilità per momenti di questo genere. Quel che resta o che rinasce dalle proprie ceneri è dunque una romantica operazione di "come eravamo", ma il ricordo restituisce immagini forti di un mondo che non c'è più e che non si può far rinascere se non con un'operazione artificiosa.