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28 apr 2011

La testa sul ceppo

di Luciano Caveri

Mi pare che mettere "filtri" agli accessi Internet della pubblica amministrazione - per evitare a chi "naviga" di entrare in diverse categorie di siti - sia, nella migliore delle ipotesi, rischioso e turba il mio spirito libertario e confesso la mia curiosità di conoscere lo strumento giuridico o regolamentare che si occuperà della materia. Peraltro, si sa dove si comincia a "tagliare" ma non dove si finisce, e se lo "stop" in ufficio è perché comprime la produttività del dipendente medio, allora il "no" all'accesso varrà anche per tutta l'informazione regionale (come amministrazione) non necessaria al singolo per svolgere il proprio lavoro (tipo rassegna o comunicati stampa). La visione in diretta del Consiglio regionale sarà consentita a seconda dei ruoli? Certo alcuni di questi "filtri" sono basati, com'è ovvio che sia, su parametri automatici e ho già visto, con i "blocchi" del sistema del Consiglio Valle legati a ragioni serie (tipo siti porno), che si rischiano oscuramenti senza senso tipo la scomparsa di "YouTube". Io credo che sia semmai legittimo capire quando e quanto un impiegato pubblico possa usare Internet per i fatti suoi. Non si può invocare la privacy o il diritto generico all'informazione se la navigazione avviene sottraendo tempo al lavoro per il quale si è pagati. Tuttavia c'è la ragionevolezza di dare un'occhiata, anche al lavoro, ad Internet e la logica dovrebbe essere quella di avere il buonsenso applicato oggi alla lettura del giornale o alla pausa caffè. Comunque sia, metto la testa sul ceppo del "controllore" della Regione (non del Consiglio, dove opero come eletto) e chissà se sentirò il rumore della ghigliottina elettronica per poter dire: «Vive la liberté».