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16 apr 2011

C'est la vie

di Luciano Caveri

Brutta aria nel mondo ed è scarsamente consolatorio il fatto che la storia dell’umanità sia piena di vicende terribili. Pensate a questa espansione progressiva dell'estremismo islamico che come un "cancro" sta divorando una parte del mondo. Vi è un termine che riassume la follia di un certo pensiero ed è "martire", che indica le persone che, con pratiche terroristiche, si immolano per la loro religione specialmente contro noi occidentali. Si tratta della traduzione dell'arabo di "shahid", che significa appunto "testimone" e ha lo stesso significato del termine cristiano "martire".

E questo termine "martire" è per noi familiare sin dall’epoca del catechismo. Viene dal dal greco e significa testimone) e si riferisce a chi ha testimoniato la propria fede in Cristo fino alla propria morte, diventando Santo e figurando in quella specie di elenco di orrori con cui è stato ucciso chi figura nel "martirologio". Attenzione, però, al giochino di sovrapporre le due parole, solo apparentemente simili. Il "martire arabo" si sacrifica per la "Gihad", la "guerra santa", e questo vuol dire l'uso di atti estremi, come quello di uccidere, come avviene ogni giorno, civili inermi per ottenere un posto in Paradiso. Il martire cristiano è un "non violento" che segue le prescrizioni evangeliche e la violenza la subisce e non la dispensa. Non si tratta, da parte mia, di giocare con le parole, ma dietro alle parole c'è un mondo intero di pensieri e di idee. So che mi si potrebbe rispondere di come la storia della Chiesa sia lastricata di anch'essa di stragi e violenze nel nome del nostro Dio, ma oggi di tutto quel passato si è in grado di fare ammenda e esiste un'evidenza sproporzione fra il cattolicesimo odierno e la carica aggressiva dell’estremismo islamico. Ogni tanto penso a che mondo vivranno i miei figli e con quale diritto li abbiamo messi al mondo se poi la loro esistenza sarà piena di rischi e insidie, ma in realtà, molto banalmente, «c'est la vie».