Pensando all'Italia di oggi, in cui immagino che le bandiere tricolori lasciate sulle case dopo la fine del 150esimo anniversario dell'unità siano un specie di grido di speranza e non un orpello nazionalistico, vengono in mente tanti pensieri e magari qualche frase spizzicata qua e là. "Ahi serva Italia, di dolore ostello, / nave sanza nocchiere in gran tempesta, / non donna di province, ma bordello!". Naturalmente questa frase pessimistica di Dante Alighieri è riferita alla sua epoca, ma il pensiero - come capita nell'eternità dei grandi autori - finisce per avere sempre qualche appiglio con la realtà contemporanea.
Aveva dunque ragione quello scrittore, Raffaele La Capria, che così scolpiva il legame fra passato e presente in Italia: "Arlecchino, Pinocchio e Pulcinella sono l'Italia del popolo, che si rappresenta, si denigra e si riscatta con la felicità che trasmette questo trio. Un'Italia del passato, ma che si può riconoscere oggi dovunque". Potrei fare nomi e cognomi. Un noto politico italiano, che amava la nostra Valle e la frequentava anche da Presidente della Repubblica, ha detto: "Gli italiani guadagnano netto, ma vivono lordo" (Giuseppe Saragat). Lui, piemontese risparmioso, osservava il fenomeno. Acqua di rose rispetto ad un celebre politico inglese che sadicamente sosteneva: "Gli italiani perdono le guerre come se fossero partite di calcio e le partite di calcio come se fossero guerre" (Winston Churchill). Lui, com'è noto, se ne intendeva e per altro, da un altro angolo della storia, gli potrebbe far eco quel camaleonte politico che dominò per vent'anni la politica italiana: "Governare gli italiani non è difficile, ma inutile" (Benito Mussolini). Chi mi legge sa che considero Paolo Villaggio uno scrittore che non ha ha assecondato il suo talento e dunque come non riconoscere la fondatezza di: "Gli italiani quando sono in due si confidano segreti, tre fanno considerazioni filosofiche, quattro giocano a scopa, cinque a poker, sei parlano di calcio, sette fondano un partito del quale aspirano tutti segretamente alla presidenza, otto formano un coro di montagna". Orson Welles, artista poliedrico, era più sintetico: "L'Italia conta oltre cinquanta milioni di attori. I peggiori stanno sul palcoscenico". Non male, citazione di citazione, il giornalista e scrittore Luca Goldoni: "L'Italia, come dice Calvino, ricorda il lampione della storiella: l'ubriaco sta cercando la chiave sotto la lampada, un passante gli chiede se è sicuro di averla perduta proprio lì; no, risponde l'ubriaco, ma almeno lì ci vedo". Profondo, invece, lo scrittore Corrado Alvaro: "La storia considerata come una vicenda di buono e di cattivo tempo, di uragani e di sereni, ecco che cos'è la storia per un italiano. Per questo scetticismo della storia non si sono prodotti tanti tragici fenomeni in Italia, dove nulla è mai scontato interamente, dove tutti possono avere la loro parte di ragione, o dove tutti hanno torto, dove si ritrovano viventi i residui di tutte le catastrofi e di tutte le esperienze e di tutte le epoche. Ci sono ancora i guelfi, i neoguelfi, i separatisti, i federalisti, i sanfedisti, i baroni, i feudatari, eccetera. Questi caratteri italiani sono l'origine delle più strane sorprese e delle più incredibili involuzioni". Ma la più bella è di quella coppia imbattibile che sono stati Carlo Fruttero e Franco Lucentini: "Tranne forse gli animali delle favole di La Fontaine, nessuno è mai stato bravo come gli italiani nell'arte d'inventare nobili pretesti per eludere i propri doveri e fare i propri comodi". I valdostani, per una serie di ragioni, potevano affermare - certo con propri pregi e difetti autoctoni - una certa diversità. Ma l'imminente "embrassons-nous" con il partito di Silvio Berlusconi dell'Union Valdôtaine - lo dico con grande dispiacere e con il rispetto dovuto per chi la pensa diversamente - puzza di "assimilazione" e non consentirà certo l'importazione di particolari virtù.