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31 gen 2011

Il suonatore d'organetto

di Luciano Caveri

Sarà che il mio vero mestiere è sempre rimasto, anche quando l'attività politica era all'apice, quello del giornalista, ma sono sempre stato divertito del rapporto che la politica ha con il sistema dell'informazione. Premettiamo che in nessuna delle due attività ci sono solo personalità geniali: la media non è elevatissima e lo dico senza sicumera. Anzi osservo fenomeni di abbassamento della qualità culturale, che un tempo pareva una precondizione preferibile. Tuttavia, a fronte delle vicende concrete, politici e giornalisti si trovano talvolta a disputare feroci partite polemiche in cui, come a tennis, il tentativo è quello di uno smash nel campo dell'avversario. Il "caso Ruby" è esemplare. C'è chi dice che in fondo ogni amplificazione del caso è, alla fine, colpa dei giornalisti che amano rovistare nella spazzatura e invadere la privacy. A parte che è vero che ci sono giornalisti ormai votati al servilismo o a "libro paga" per inzuppare la penna nel veleno, non si può negare che spesso siamo di fronte a niente altro che al dovere d'informare anche quando spiace o scoccia. La libertà di stampa è un caposaldo e solo chi ha perso il senso della realtà può pensare che il mondo debba essere fatto solo di scimmie ammaestrate. Sarebbe piacevole per il "suonatore d'organetto" di turno, chiunque esso sia e a qualunque schieramento appartenga, che tutti ballassero allo stesso ritmo, ma è una prospettiva triste e insensata e chi lo ritiene il migliore dei mondi possibili prima o poi batterà il naso.