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04 feb 2011

Inquietudini europee

di Luciano Caveri

Scrivo da Bruxelles, dove sono, con un freddo umido che entra nelle ossa, per la prima plenaria del 2011 del "Comitato delle Regioni". Si tratta di un'occasione utile non solo per la routine del lavoro parlamentare che scandisce i tempi delle giornate ma anche perché le diverse riunioni sono utili per capire che cosa si muova sullo scenario comunitario. Vi risparmio i commenti dei colleghi di diversi Paesi e di tutti i Gruppi sulle vicende italiane: inutile tornarci sopra perché - lo dico con mestizia per l'immagine internazionale dell'Italia - è come sparare sulla "Croce rossa". Il momento per me più interessante è stata la riunione che ho presieduto della delegazione italiana con l'Ambasciatore Ferdinando Nelli Feroci che è a capo della Rappresentanza italiana - l'equivalente di un'Ambasciata - presso l'Unione europea. E' un diplomatico di lungo corso che, con una sintesi efficace, ha raccontato delle sfide che l'Italia  si trova ad affrontare: dalla "governance economica" (con il nuovo "Patto di stabilità" che in Italia rischia di essere letale per il sistema autonomistico) al nuovo bilancio europeo (l'Italia è il terzo contributore netto per una ripartizione storicizzata ma penalizzante) dalla nuova stagione dei fondi strutturali (su cui la Valle deve vigilare per non avere brutte sorprese) ai rapporti fra i Paesi dell'Unione (i "nuovi" si alleano spesso contro i "vecchi", perché la riconoscenza fra istituzioni come fra persone - potrei farvi un elenco personale... - non è di questo mondo). L'aspetto più preoccupante è il crescente deficit italiano, che ci pone come "sorvegliati speciali" e l'Italia è il solo fra i Paesi fondatori a chiedere "dolcezza" nell'approccio (ci sarebbero i belgi ma non hanno da un anno un Governo!) mentre i tedeschi, "locomotiva" economica d'Europa, chiedono "lacrime e sangue". Siamo anche i soli a non aver messo a punto una strategia, di cui anche i membri italiani del CdR potrebbero essere interpreti, su criteri, parametri, controlli sui fondi strutturali con due problemi in più: una parte dell'Italia non riesce a spendere i soldi comunitari e il Sud, dopo anni di interventi finanziati da Bruxelles, resta in fondo alla classifica, mentre altre zone europee in difficoltà hanno risalito la china e l'Europa ci chiede il perché di questa differenza.