Un simbolo, suo malgrado

Una manifestazione a favore di Sakineh Mohammadi AshtianiE' diventata un simbolo Sakineh Mohammadi Ashtiani, la donna iraniana di 43 anni che potrebbe morire lapidata nelle prossime ore.
Se già la pena di morte, nelle sue diverse varianti tecniche applicative (in Valle d'Aosta era ordinariamente l'impiccagione), è un orrore, la lapidazione è una forma barbarica. Con pietre di mezza grandezza si uccide lentamente, pietra dopo pietra, la persona condannata, che può star lì a fare da bersaglio anche una mezz'ora, morendo tra atroci sofferenze.
Sakineh è tuttavia un simbolo duplice. Per noi - con i distinguo del caso, pensando all'affezione negli Stati Uniti verso la pena di morte - è un'espressione del nostro politicamente corretto e di una civiltà giuridica, per loro - gli iraniani - è una difesa delle loro tradizioni derivanti da un integralismo religioso feroce e segno della tragicità della condizione femminile. 
Forse sarebbe stato bene, durante la raccolta di firme, far firmare anche contro lo sforzo del regime iraniano per avere la bomba atomica: sarebbero emerse parecchie ipocrisie.

Commenti

Abbi pazienza...

ma la pena di morte è una cosa, la lapidazione "per la difesa delle tradizioni" è una altra cosa.
Se una donna ha rapporti con un altro, sicuramente l'altro è un uomo con a casa una moglie per cui sarebbe da lapidare lui, quella poveretta mica se l'è fatta con una capra. Mi sembra di ricordare che da noi c'era il "delitto d'onore", che dal codice penale è stato cancellato negli anni '50, dove il "tradito" doveva onorare l'offesa, ma il tradito a sua volta aveva sicuramente tradito lui stesso, visto che è sempre stato simbolo di "machismo" farsi la donna di un altro. Per cui siamo daccapo ogni volta.
E' la prepotenza, l'ignoranza ed il totale potere di mortificare ed annullare la donna come persona che è la cosa più odiosa che il mondo sta ad osservare trovando scuse e scusette per non rompere degli equilibri che sinceramente non capisco.
Detto già in blog precedente, caliamo le braghe perché abbiamo paura della nostra ombra.

Altrimenti spiegami come la vedi tu.

Non vedo la differenza.

La sharia non è una tradizione, bensì una rigida (probabilmente ottusa) applicazione di dettami religiosi. Medievali e inaccettabili per chi è in occidente, accettati o subiti da chi abita in quelle zone. La lapidazione è la coerente applicazione dell'orrore che è la pena di morte. Ricordo che l'europea impiccagione è stata "addolcita", mediante lo stiramento dell'osso del collo con un contrappeso a strappo, dall'intervento di alcuni boia che non sopportavano l'idea di vedere il condannato rantolare appeso. La stessa ghigliottina ha soppiantato la scure per immaginabili, cruenti effetti collaterali che avevano i suoi colpi.
Oggi? Beh, non credo che la sedia elettrica sia "elettrizzante" o che l'iniezione letale sia più umana. O che certe carcerazioni siano migliori.
Il Sistema Giuridico che si sostituisce alla natura, sbaglia perché si arrende.

Comunque sia...

e tra mille difficoltà, specie di fronte a certi delitti orribili, personalmente resto convinto che la pena di morte sia un obbrobrio.
Naturalmente ciò deve far discutere sulle pene per certi delitti: l'ergastolo, ad esempio, deve essere ergastolo e la carcerazione per certi criminali non deve essere in pantofole.

La pena di morte...

è un assassinio legalizzato e come tale inaccettabile. Oltretutto è stato dimostrato da autorevoli studi che la pena di morte non ha alcun effetto dissuasivo in chi delinque.

Il carcere.

La certezza della pena deve essere la garanzia del torto subito dal singolo e, con lui solidale, dalla comunità.
la carcerazione deve essere esemplare, non un albergo, ma umano. Altrimenti si vanifica (anzi, spesso lo ho è già) il fine stesso della detenzione: possibilità di redimersi. Non lo invento io, lo recita la legge di regolamentazione del sistema carcerario.
Che non succeda è una eventualità, come il non imparare nulla nella miglior scuola dell'universo. Ma vedere reportage, come quello su "Internazionale" che trattava delle carceri francesi, fa venire i brividi. In certe situazioni il "cattivo" non può far altro che rimanerlo e magari stratificare ulteriormente il suo odio.

Molto sovente...

siamo presi da pietà per chi è punito, a nostro avviso, duramente per aver commesso un delitto (in senso lato).
Ma nessuno pensa a cosa hanno provato i familiari di una vittima di una rapina o di un omicidio o di una vendetta. Esempi ne abbiamo a migliaia: dalle stragi, alle "Br", alle bombe sui treni, ai rapimenti per estorsioni, alle rapine andate male...
Adesso vi fate degli scrupoli e siete favorevoli ad offrire una seconda possibilità di redimersi al condannato.
Ma quante possibilità ha dato questi alla sua vittima? Neanche il tempo di fiatare o neanche il tempo di implorare, come é per il caso della mamma e del fratellino di Erika, o delle due sventurate finite in mano a quel mostro di Angelo Izzo e torturate, ed una ammazzata come neanche un cane si uccide in quella maniera.
Quest'ultimo processato, condannato, messo in libertà per un attimo (e già qui vorrei vedere con che coraggio ha firmato il giudice) e praticamente autorizzato ad uccidere di nuovo una sventurata, come è capitato purtroppo. O il caso di Luca Delfino a Genova che ha ammazzato in un vicolo la ex e adesso dice di parlare con i santi e la Madonna, e sarà presto fuori, a ricombinare tutto daccapo.
Mettetevi un attimo dall'altra parte e cercate di essere meno garantisti e buonisti. Quando si affrontano argomenti come questi, spesso si finisce col sentire: "magari la pena di morte non serve come deterrente ma almeno questo non farà più niente del genere".
E sinceramente, in certi casi , non me la sento di dire il contrario.

Rispettabile opinione...

ma non la condivido: ritengo che alla fine, al di là delle cose ricordate da Rocco, una carcerazione a vita sia peggio di uno Stato assassino con tutta la pietas per chi viene colpito nei suoi affetti e io stesso talvolta vacillo, ma poi bisogna ragionare con la testa e non con la pancia.
Non è buonismo, ma diritto.

Giusto che la pensi...

in maniera opposta alla mia ma mi sembra un po' troppo comodo agire secondo i dettami e le regole di diritto a favore di chi questi diritti li ha calpestati allegramente ed intenzionalmente.
Era un po' una provocazione il mio intervento ma volevo vedere se molti frequentatori del tuo blog che si scaldano per altre cose ribattevano in qualche modo. Di solito su temi come questo si fa finta di non sentire o si è propensi ad una pietas di comodo.
Persino Nichi Vendola ha farneticato e paragonato il Carlo Giuliani di Genova ad un eroe. Ma l'eroe è stato immortalato a lanciare un estintore in testa ad un suo coetaneo che, per caso, doveva far finta di nulla o crepare per poi godere dei funerali di Stato.
Gli eroi, tutti quanti insieme, si stanno rigirando nelle loro tombe a sentire una stron**ta simile.
Mi sembra che si stia passando il limite della decenza oltre che del buon senso.

Nel discutere...

non puoi spostare su altro terreno il tuo interlocutore.
Per me, ovviamente, Carlo Giuliani non è affatto un eroe!

Per nostra fortuna...

le sentenze, gradite o meno, ci sono. E sono contento che il nostro ordinamento non si fregi del "diritto" di emettere verdetti di pena capitale. E lo affermo senza "scaldarmi".

Credo che dobbiamo essere grati...

a Luciano perché il Suo blog consente di discutere temi scottanti con grande rispetto delle altrui idee.
Sul tema aggiungo che mi ha sempre stupito il silenzio o comunque la tenue voce della Chiesa sulla pena di morte, così attenta invece alla sorte degli embrioni ove la Sua voce si sente tuonante.
Non sono un esperto di teologia (che, se non erro, Voltaire definiva domande incomprensibili e risposte senza senso), ma è proprio la Chiesa che avendo come fine la redenzione del peggiore delinquente, dovrebbe opporsi alla pena di morte e forse avrebbe più consenso se facesse ciò invece di opporsi ai funerali del povero Piergiorgio Welby le cui sofferenze non avevano nulla da invidiare a quelle patite da Gesù Cristo.

Registrazione Tribunale di Aosta n.2/2018 | Direttore responsabile Mara Ghidinelli | © 2008-2021 Luciano Caveri