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25 ago 2010

Addio, Presidente

di Luciano Caveri

Ho incontrato molte volte dal 1987 al 1992 l'allora Presidente della Repubblica Francesco Cossiga. Furono quelli anni di grande turbolenza politica ed ero deputato valdostano. Con il senatore Cesare Dujany conquistammo il diritto ad una presenza autonoma dei Parlamentari valdostani alle consultazioni al Quirinale in occasione di passaggi politici topici, in genere in vista della formazione di un nuovo Governo. Cossiga - che dava idea di conoscere bene la nostra Autonomia speciale - ci riceveva volentieri, ma l'andamento dei colloqui dipendeva dal suo umore, dovuto ad una depressione bipolare curata - così si diceva negli ambienti politici romani - con il litio. Se era su di giri gli incontri non finivano mai, mettendo in imbarazzo il Cerimoniale, visto che le altre delegazioni dovevano attendere. Si passava dal ruolo delle Autonomie speciali (lui si autodefiniva "sardista") a temi linguistici (il francoprovenzale valdostano lo incuriosiva) sino a chiacchiere diffuse sui retroscena della politica e la sua era un'aneddotica ricca ed espressiva, senza peli sulla lingua. Se era viceversa in momento depressivo, l'incontro era un nostro monologo sui problemi Valle d'Aosta-Stato e sulla situazione politica e lui si limitava a monosillabi in un clima triste ed imbarazzato. Un uomo strano, che incontravo con curiosità, appartenendo alla generazione di "Kossiga" con la "K", quando lui era Ministro dell'Interno e io studente liceale. Da "picconatore" (nei periodi up), il Presidente della Repubblica, poi senatore a vita nel Misto, dove siedono anche i valdostani, diceva verità sgradevoli o anche cose inattendibili. Non credo che la storia sarà tenera con lui.