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23 gen 2010

In coda per "Avatar"

di Luciano Caveri

All'uscita dallo spettacolo pomeridiano, discretamente affollato, al cinema "Ideal" di Verrès c'era un muro di folla: persone diversissime erano in coda per vedere "Avatar", il film di James Cameron. Anche in Valle il poderoso marketing ha dato i suoi frutti. A me il film è piaciuto per la maestosità degli effetti speciali e per il commovente e consolatorio finale con i cattivi che perdono e l'amore che trionfa, oltreché per l'appello insito in favore della diversità culturale. Resta modesto il "3d" con occhialini d'ordinanza per chi abbia visto la tridimensione più efficace da molti anni assicurata alla "Géode" di Parigi o anche, sin dall'apertura, ad "Eurodisney". Il film è stato attaccato su due fronti: gli antifumo perché una scienziata fuma in modo compulsivo (accusa ridicola, anche se quel personaggio avrebbe retto bene anche senza il particolare caricaturale della sigaretta) e chi sostiene l'esistenza nelle scene finali di un'istigazione sottile al suicidio, quando il protagonista diventa definitivamente il suo avatar (accusa risibile). Semmai quel che colpisce della società del futuro tratteggiata da Cameron è, a parte le carogne e gli speculatori che speravamo spariti, dovendo oggi sopportarli, l'evidente condizione ingrata e l'incomprensione per una persona sulla sedia a rotelle per aver perso l'uso delle gambe.  Ma forse è una dimostrazione dell'abisso fra il "politicamente corretto" e la realtà.