Vedremo...

Uno dei tanti gruppi su Facebook contro BerlusconiIl "caso Berlusconi", vale a dire l'aggressione subita dal Presidente del Consiglio, pare avrà come conseguenza ad horas un decreto-legge, cioè il Governo legifererà a fronte di un caso «di straordinaria necessità ed urgenza» e spetterà al Parlamento convertire o no il provvedimento in legge.
Il terreno su cui ci si intende avventurare, con uno strumento la cui eccezionalità è nella Costituzione, nei regolamenti parlamentari e nella giurisprudenza della Corte Costituzionale, è quello della libertà di manifestazione per evitare quel che è capitato domenica a Milano dove in piazza del Duomo convivevano la manifestazione e la contromanifestazione e l'altro, invece, riguarda "filtri", limiti o chissà cosa rispetto all'abuso di Internet, pensando a social network - soprattutto "Facebook" - dove sono nati gruppi inneggianti all'aggressione a Berlusconi.
I temi segnalati sono interessanti, direi bipartisan, ma delicatissimi nelle loro implicazioni. Vedremo che cosa sortirà.
Avendo subito in passato un'aggressione sul Web, attraverso l'inserimento su blog di autentiche schifezze, che saranno oggetto di un processo, capisco come di fronte a certi eccessi - che finiscono poi per restare in Rete - qualcosa va fatto, ma con garbo e rispetto della grande maggioranza di utilizzatori corretti.

Commenti

Dubbi...

E' veramente difficile capire cosa sia meglio e cosa sia peggio, per tante ragioni.
In ottica di intelligence: lasciare tutto libero conviene perché aiuta a schedare informazioni che potranno tornare utili.
In ottica di controllo sociale: pro. Perché consente di lasciare uno sfogo al malcontento, a volte ironico, a volte becero che tuttavia dà parvenza di libertà ed impedisce il sedimentare di cattivi sentimenti dentro gli individui.
Tante piccole eruzioni effusive per impedirne una grande ed esplosiva. Contro. Perché questa libertà consente di catalizzare pensieri e stati d'animo che devono restare individuali e non manifesti per il rischio che altrimenti raggiungano una "massa critica" (nel senso della fisica nucleare) che potrebbe creare seri problemi di ordine pubblico.
In ottica giuridica: lasciare libertà totale e, qualora i contenuti integrino le fattispecie previste dal codice penale, perseguire gli autori di reati individualmente.
Quest'ultima soluzione parrebbe la migliore anche se emergono altri problemi: l'equiparazione di Internet alla stampa fa sì che si debbano coinvolgere, in solido, i responsabili dei siti e quindi, per essere praticabile, dovrebbe prevedere l'eliminazione della responsabilità penale oggettiva. In secondo luogo si andrebbe ad oberare il sistema giudiziario di una quantità inimmaginabile di fascicoli penali che, difficilmente, potrebbero essere evasi, vista la cronica carenza di uomini e mezzi del medesimo sistema che rischierebbe oltretutto di essere distratto dal perseguire reati di maggiore gravità ed allarme sociale.
Fatti questi pensieri non so ancora decidere cosa sia meglio e cosa sia peggio: un autentico ginepraio!
Voi che ne pensate?

Intanto

il Colle, cioè il Presidente Giorgio Napolitano, ha anticipato il suo no ad un decreto-legge sulla materia: una scelta che condivido. Nel merito delle osservazioni qui sopra, segnalo che - in casi evidenti - quel che non marcia più è la rete di formalismi del nostro processo, dove più che alla sostanza si guardano aspetti procedurali e burocratici che consentono rinvii infiniti sino, in molti casi, all'agognata prescrizione, altro che "processo breve"!

Osservazioni...

Quello che è poco chiaro sono le conseguenze che deriverebbero dall'associare le norme sul "processo breve" alle altre norme previste che riguardano l'obbligo del giudice di escutere in fase dibattimentale tutti i testimoni richiesti dalla difesa, senza poter esercitare azione di filtro. Una mano obbliga a chiudere il processo in due anni, l'altra allunga di fatto i tempi. Basta che un teste non si presenti o abbia un legittimo impedimento e l'udienza dev'essere ri-fissata in calendari già colmi di altre udienze ed altri procedimenti. Sembra un ossimoro giuridico il combinato disposto di queste proposte normative...
Quando lavoravo per lo Stato, ho assistito per quattro anni alle udienze dibattimentali di una sezione della Corte d'Appello di Torino. Facendo i conti, tra i 9.000 e i 10.000 processi. Oggi faccio tutt'altro e quindi posso esprimere un giudizio da osservatore non coinvolto: il primo grado di giudizio spesso è condotto sbrigativamente perché c'è una mole di lavoro superiore alle risorse per affrontarlo e questo crea sentenze viziate che offrono ampi spazi a validi motivi di impugnazione, nell'ordine di un venti-trenta percento. Questo accade anche perché il giudice del primo grado sa che un suo errore o una superficialità non darà adito a conseguenze definitive, essendoci appunto la possibilità di impugnare. L'altro grande problema deriva dal fatto che il metro statistico dell'operato delle Forze dell'ordine è determinato dal numero di arresti effettuati e di notizie di reato comunicate all'Autorità giudiziaria.
Lo scopo degli "uni" è fare numero, quello degli "altri" è pronunciare sentenze e non sempre le due cose sono funzionali l'una all'altra. Quando le Forze dell'ordine lavorano bene anche il lavoro della giustizia è facilitato e velocizzato, quando lavorano male scaricano sui giudici una mole di fascicoli destinati o all'archiviazione, o alla prescrizione o, nel migliore dei casi, ad un dibattimento lungo, difficile e con ampio spazio per la difesa perché magari ci sono gli elementi per il rinvio a giudizio, ma mancano le prove necessarie a condannare, elementi che magari erano disponibili nell'immediatezza dei fatti, divenuti irrecuperabili in fase successiva.
Ciò che mi amareggia come cittadino è la faziosità bipartisan che avvelena il dibattito sulla giustizia. A chiunque di noi potrebbe infatti capitare di essere coinvolti in un procedimento, come imputati, magari a ragione, ma anche per errore oppure come parti lese o semplici testimoni.
E' un tema troppo importante per essere condizionato da aprioristica faziosità e da onde emotive.

Registrazione Tribunale di Aosta n.2/2018 | Direttore responsabile Mara Ghidinelli | © 2008-2021 Luciano Caveri