Marrazzo

piero_marrazzo.jpgPovero Marrazzo! Conosco bene Piero, noto volto della televisione prestato alla politica, di cui conoscevo anche il papà (noto giornalista televisivo d'assalto), e non posso che parlarne bene per il tratto umano di cortesia e simpatia. Aggiungerei che alla Conferenza dei Presidenti o al Comitato delle Regioni ha sempre dimostrato di documentarsi e di analizzare con impegno i diversi dossier all'esame.
Ora è finito sulle prime pagine dei giornali per una storiaccia di ricatti, che avrebbe fatto scoprire uno sconosciuto "penchant" nei suoi gusti sessuali, che rende la storia - purtroppo per lui - ancora più piccante.
Ovviamente la destra, tranne rari casi, gli è volata addosso. La sostanza del ragionamento è questa: nessuno può fare il moralista con Silvio Berlusconi satiro se poi la sinistra ha i suoi scheletri negli armadi.
Personalmente ritengo che chi è uomo pubblico, a qualunque schieramento appartenga, non può invocare eccessivamente la privacy, accettandone la violazione a proprio vantaggio e chiudendosi a riccio quando ciò riveli vizi e vizietti.
Io stesso, negli anni, sono stato vittima di "gossip" incredibili e inesistenti. Non sono un santo, ma non ho nessuna paura che la mia persona e la mia attività vengano passate ai raggi X: non si scoprirà nulla di male.
Per cui mi son convinto che i banditi che usano certi metodi se li ritroveranno addosso come i boomerang degli aborigeni australiani e, forse imbottito dalla logica del "lieto fine", resto convinto che alla fine i "cattivi" siano destinati a perdere.

Commenti

Sulla questione...

Consiglio calorosamente la lettura dell'articolo di Massimo del Papa (dal sito de "Il Mucchio").

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Lo scandalo Marrazzo

Al solito: i forcaioli di ieri son diventati i garantisti di oggi e viceversa. Chi invocava il sacro diritto di cronaca per le prodezze sessuali del Cavaliere, oggi scomoda la sacra tutela della privacy del governatore Marrazzo: non sono affari suoi, non è libero di divertirsi come crede? Certamente, ma si ammetterà che un ex castigamatti, oggi governatore che si fa trovare in mutande e offre soldi “per non finire in galera”, non è una storiella tanto edificante. Di solito, chi ragiona così si identifica nei vizi privati e pubbliche virtù dell'ipocrita di turno. E l'ideologia, madre di tutte le ipocrisie, fa il resto: non c'è una verità, non c'è una morale, c'è un arcobaleno che illumina gli stessi fatti di una luce diversa a seconda della convenienza. Ma ha poco senso distinguere fra i letti di Silvio e le alcove di Pierino, buttarla sull'ecumenismo erotico, la questione non è se sia di destra chiamare veline in villa o di sinistra salire le scale di un'alcova transgender, la questione è più semplice: la politica, ha invertito i suoi rapporti, quelli che fino a ieri erano svaghi, sollazzi di potere, esibiti come tali, conferme di una alterità rispetto ai comuni mortali, ma pur sempre passatempi più o meno incoerenti con la morale pubblicamente incarnata, oggi sono diventati carne, consistenza di una cosa pubblica che, nel tempo lasciato libero dai privilegi edonistici, si dedica a qualche vertice, qualche vetrina istituzionale da cui esce poco o niente. La politica oggi è affare di piacere, non di dovere.

Questa inversione di tendenza non ha aspettato Berlusconi, e nemmeno Craxi, procedeva e accelera in funzione di una globalizzazione che ha trasformato il superfluo in fondamentale, la dimensione ludica in prioritaria. Ogni regime, in ogni tempo, ha esibito i suoi sfarzi, le grandi feste imperiali, le orgie di Tigellino, il concubinato dei grandi dittatori, le vergini bambine di Mao, i Papi a Roma che s'inculavano i bambini, i consessi erotici in piedi, stivaloni compresi, di Mussolini a palazzo Venezia. Ogni regime ha le sue schiave, in ogni regno non mancano “puttane del re”. Ma restavano dettagli, proiezioni di un apparato di potere. Un salto di qualità si ha con Marilyn che sollazza i Kennedy, poi i sigari di Clinton sdoganano la sessualità da sala orale e adesso siamo alle topolone di Topolanek, alle D'Addario che, secondo una freddura, dopo essersi intrattenute col Cavaliere fanno il bagno nella “jacazzi.” Nella nostra epoca certe propensioni sono diventate princìpio identitario di una politica divisa su tutto ma concorde, unita nei propri appetiti, per discutibili che siano. Non a caso a Marrazzo è giunta la solidarietà dell'intero mondo politico, a parte pochissime, trascurabili eccezioni. Come a dire: siamo tutti nella stessa barca, quello che oggi travolge te domani potrebbe lambire anche me e allora a che scopo scannarsi su questo?

Naturalmente, da questo gioco al massacro la sinistra esce penalizzata, perchè è obiettivamente difficile invocare moralità, porsi come custode dei valori e paladina delle fasce deboli, quando salta fuori un governatore che era il prediletto dei transessuali della Cassia, pagati oltretutto profumatamente. È questo, non il dettaglio del viado o della velina, che non può essere conciliato: certi svaghi costano, sono lussi, e se provengono da gente che sostiene di preoccuparsi per le fasce deboli e poi non esita a staccare assegni per coprire il proprio imbarazzo (segno che una fonte di imbarazzo sussiste), è chiaro che c'è un tracollo verticale di credibilità. Tanto più che Marrazzo sulla vicenda ha imprudentemente mentito, su più punti: non è vero che fosse una bufala, non è vero che non aveva pagato il silenzio, e così via. E alla fine non può non arrivare la resa, sia pure nella soluzione gesuitica dell'autosospensione, imposta da un partito sull'orlo di una crisi di nervi. Il PD, che premeva per le dimissioni di Berlusconi, di fronte a un caso analogo non può che bere il suo amaro calice. Scoprendo che non tanto il vizio privato a contare, ma l'assenza di pubblica virtù. Pesa la saturazione, nell'opinione pubblica, di una disinvoltura da parte dei semidèi politici che non è ulteriormente difendibile, che è percepita, a torto o a ragione, come disprezzo e presa per i fondelli dei comuni mortali. Con l'aggranvante di una situazione di crisi endemica: se il PD fosse stato saldo, forte, compatto, se non si apprestasse a primarie drammatiche per capire chi, nella guerra di fazioni che l'ha dissanguato, sia il più adatto a ereditarne le spoglie, a quest'ora Marrazzo sarebbe ancora al suo posto. Ma la realpolitik è l'unica Nemesi che non perdona.

Da 15 anni la sinistra grida, non senza ragioni o almeno fondati sospetti, a una destra inquinata da corruzione e mafia, immorale, depravata. Ma i casi di suoi esponenti che, alla lettera, “vanno a puttane” ormai non si contano, da Sircana a Marrazzo, e forse pesano, moralmente, un po' più dei papi, dei Cosimo Mele. Perchè se la morale vuoi farla, devi essere proprio a prova di bucato. Per non parlare di quello che succede in Campania, dove militanti PD si scannano in faide di camorra, “emergenza” dalla quale tutti restano alla larga.

Non può stupire che sempre meno gente sia disposta a bersela, a versare l'obolo di 2 euro per illudersi di partecipare al giochino di facciata delle primarie. La sinistra che incalza Berlusconi sulle sue vicende di letto, che ne insinua contemporaneamente la pedofilia, la sessuomania e l'impotenza (e Dio solo sa come sia possibile), è in difficoltà davanti all'habituè dei trans Marrazzo, uno che in Rai faceva il castigamatti, che non ne faceva passare una. Il livello generale, non di destra o di sinistra, è insopportabile e non è questione di complotti, è che la politica, tutta, è ormai fuori controllo e inanella scandali e situazioni scabrose una dietro l'altra. Uno come Mastella, leader di un partito domestico, schiacciato insieme alla moglie sotto accuse pesantissime, di metastasi corruttiva nelle istituzioni, tutte da confermare d'accordo ma tremende, può presentarsi a una folla di cronisti e dire: noi non abbiamo visto una lira, siamo gente per bene, poveretti che aiutano altri poveretti. Più che i Mastella, sembrano i Vianella: “E stamo mejo noi, che nun magnamo mai”.

Non sono le debolezze o le inclinazioni o al limite le depravazioni a dare fastidio, è il senso d'impunità che trapela da una casta che ormai ha perso ogni contatto con il corpo elettorale, con la stessa realtà. I Mastella, i Marrazzo, i Berlusconi, messi alle strette, dicono tutti la stessa cosa: io sono il meglio, sono un santo, io non ho niente da rimproverarmi, vergognatevi. Noi? Di cosa? Di subire? Di essere impotenti davanti a tanta faccia tosta, a tanta protervia?

Non ha molto senso neppure stabilire chi si avvantaggia dallo scandalo del giorno: si avvantaggiano tutti, perchè nessuno paga davvero e il senso d'impunità di casta ne esce rafforzato: noi non siamo come voi, noi possiamo e la nostra verità è contro la vostra e la nostra verità conta di più, è l'unica a contare. Hanno detto tutti, dopo l'affaire Mastella (durato sei ore e subito soppiantato dal caso Marrazzo): ma tanto la fanno franca, tanto cascano in piedi.

Sì, magari barcollano per un po' ma alla fine cascano sempre in piedi, loro. Con le stimmate dei martiri. Martiri di una vita che non cambierebbero con quella di nessun comune mortale.

Massimo Del Papa

Allora....

... invoco una Istituzionale Inquisizione che pulisca il panorama politico. Se, giustamente secondo il mio umile metro, Marrazzo si deve dimettere, a Camere Riunite si devono fare i test antidroga.
Da un certo punto di vista, sarei favorevole al Lodo Alfano, a patto che terminato il mandato si sia a disposizione della magistratura e niente candidatura.
Basta con il motto "fatta la legge trovato l'inganno", un minimo di rispetto intellettuale... Altrimenti, mi posso arrogare il diritto di essere certo che la destra ha mandato suoi attivisti per pilotare le primarie del PD. Perchè no? Se ci sono le trappole mediatiche...
Non sono forcaiolo, bensì convinto che chi mi governa deve pagare anche il parcheggio a strisce blu. Deve essere inattaccabile.
Poi, coscienza italica permettendo, se mi sbaglio, chiedo venia.
Fino alla prossima volta, prometto di non farlo più.

M'arrazzo... e no che non M'arrazzo, non M'arrazzo

“Natale sulla Cassia”. C'è da scommetterci: se in qualche salotto catodico si aprisse il televoto per la storia alla base del prossimo film dei fratelli Vanzina, finire dalle parti del caso M'arrazzo sarebbe scontato. Siamo fatti così, nel paese dei grandi fratelli e dei piccoli uomini, basta servire alle masse un cocktail a base di tette (meglio se generose), abuso d'ufficio (meglio se da parte di un politico) e soldi che passano di mano (meglio se verso un pubblico ufficiale), con una spruzzata di cocaina, e il gioco è fatto. Per giorni e giorni, tutti a disquisire degli ingredienti e del loro amalgama, nessuno che si sogni di guardare in faccia il barista.
La vicenda del Governatore del Lazio presenta, indubbiamente, contorni inquietanti. Non sono, però, quelli evidenziati dai giornali negli ultimi giorni. Per quanto potenziali spunti di riflessione (e pure profonda), le bugie iniziali del diretto interessato, l'uso dell'auto blu per viaggi di tutt'altro colore e la frequentazione quasi compulsiva di viados (Natalì ha candidamente ammesso “Piero? Lo conosco da sette anni...”) non rappresentano il vero problema. Certo, sono elementi inequivocabilmente indicativi della mediocrità di un esponente di rilievo della classe politica nostrana, ma non costituiscono la nota maggiormente stonata del ritornello fischiettato nella capitale in questi giorni.
Tutto sommato, anche se richiede uno sforzo supplementare di comprensione, non lo è nemmeno il carattere ai confini della realtà della situazione vissuta da M'arrazzo. Partito per un pomeriggio di sollazzo, con compagni d'avventura che buona parte dei lettori di quotidiani considera “esotici” (ma che se sono in numero così consistente sui marciapiedi d'Italia, probabilmente, è perché la domanda non può esattamente essere definita “di nicchia”), l'ex conduttore di “Mi manda Raitre” ha finito con lo staccare assegni ai Carabinieri che avevano appena fatto irruzione nell'alloggio. Se lo incontrasse Michael Douglas, imbattuta incarnazione della degenerazione interiore ne “Un giorno di ordinaria follia”, gli stringerebbe la mano sorridendo: “Nel mio film, confronto a te, interpretavo un attaccapanni”.
Dove sta, allora, il problema su cui perdere qualche ora di sonno? Nel fatto che anche un bimbo di pochi anni realizzerebbe che, all'antivigilia delle elezioni regionali, una vicenda del genere, per quanto sprovvista di contorni penali per il Governatore (si indagherà sull'uso improprio dell'auto di servizio, ma l'Italia è paese in cui mammà fa rima con pietà, quindi non ci si ritorcerà su chi ha subito un fine carriera così inglorioso), sia in grado di generare un'onda d'urto (politica) che nemmeno uno Tsunami alle isole Tonga. Non si può sostenere aprioritsticamente che i “viaggi ludici” di M'arrazzo lungo le arterie capitoline porteranno in dote la sconfitta del centrosinistra al prossimo appuntamento con le urne, ma se accadesse, non bisognerebbe stupirsene più di tanto.
Sicché, ecco l'interrogativo fondamentale: quanto è debole la democrazia italiana? Cercata alla luce di questa storiaccia, di cui troppi passaggi restano ancora dubbi quanto spinosi (quanti video circolano? Berlusconi ne ha stoppato la pubblicazione “avvertendone” l'inconsapevole protagonista, o lo ha fatto davvero Signorini di sua sponte? I quattro Carabinieri erano effettivamente d'accordo con lo spacciatore della zona, o a “vendere” il Governatore è stato qualcun altro? Qual era il trans davvero con M'arrazzo?), la risposta è: troppo. A prescindere da tutto ciò che non si conosce al momento, se quattro mele marce (per usare un eufemismo), con le loro scorribande, finiscono con l'imprimere una spallata condizionante su una competizione elettorale, non c'è da stare allegri.
E non c'è di che dormire tranquilli nemmeno mettendo assieme pezzi della vicenda letti sui giornali, soltanto apparentemente marginali. Se uno dei quattro Carabinieri ha effettivamente trattato con agenzie giornalistiche per “piazzare” il video, alla modica cifra di duecentomila Euro, quanto è verosimile che nulla di tutto ciò sia arrivato, anche solo per caso, a orecchie con qualche stella in più sulle spalline? Come mai, dopo la proposta di materiale così delicato, Signorini si è sentito in dovere di informare i vertici di “Mondadori” e non la magistratura (o se lo ha fatto, perché non lo ammette)? Insomma, non sarà che le quattro mele marce sono effettivamente tali, ma che l'albero - quella pianta chiamata Stato, che pure dovrebbe disporre di anticorpi inoculatigli nell'organsmo dalla Costituzione - intuiti gli effetti finali del loro disegno, si sia guardato bene dallo scuotersi per farle cadere?
Chiederselo è doveroso. Raggiungere una conclusione, pressoché impossibile. Solo il tempo, foriero dello sviluppo del procedimento penale a carico dei quattro Carabinieri arrestati, darà risposta. Le conseguenze a cui andranno incontro per aver, anzitutto, disonorato l'uniforme che indossa(va)no ogni giorno diranno se l'albero avrà mostrato pentimento per non essersi scrollato prima, o cos'altro. Per ora resta la constatazione, più amara del calice servito a M'arrazzo, che il confronto politico, negli ultimi mesi, ha lasciato troppo di frequente il posto ad armamentari ritenuti chiusi in armadi di cui i custodi della democrazia tenevano le chiavi al sicuro. Il rischio è di rendersi conto fuori tempo massimo che non era così.

M'arrazzo...

è veramente terribile nella sua crudezza e il richiamo ai film di Vanzina fotografa la pochade in cui è caduto. Quel che resta inspiegabile, pensando che chiacchierammo a lungo in una delle ultime riunioni del Comitato delle Regioni sul "caso Berlusconi", è che non abbia pensato di dire subito la verità.

Ha fatto bene...

Marrazzo ad andarsene.
Le dimissioni hanno spezzato quell'ambiguità dell'autospensione, escamotage accantonato e che mirava a giungere alla scadenza naturale della legislatura.

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