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17 ott 2009

La montagna che si disgrega

di Luciano Caveri

Quando leggi del "caso Messina", specie nell'uso sciagurato dell'espressione «tragedia annunciata», non puoi non fermarti a riflettere, evitando la tentazione di tornare alla questione del Ponte sullo Stretto e della sua evidente inutilità, mancando le strade - come si potrebbe dire - a monte ed a valle dell'opera miliardaria. Colpisce, invece, il tema dell'abusivismo o meglio ancora della "sine cura" nei confronti della Natura e dunque si costruisce nei letti dei fiumi o sotto le frane alle pendici delle montagne. Un giorno rimasi come paralizzato dal racconto di Guido Bertolaso dello scenario di avvenimenti di fronte ad una possibile eruzione del Vesuvio. Il tema degli ambiti inedificabili e della mappatura del nostro territorio ha riguardato la Valle dopo la terribile alluvione del 2000 e bisogna conviverci perché la montagna, per sua natura, si disgrega. Appartengo alla categoria di chi ha cercato, nell'applicazione delle norme, il buonsenso senza inutili estremismi, sapendo che un grado di convivenza con i rischi è normale, ma è bene ricordarsi sempre che esiste il pericolo che, dopo un certo numero di anni, la tensione si allenti e cresca la voglia di allargare le maglie per rispondere spesso ad esigenze comprensibili dei singoli in una realtà ristretta come la nostra. Una tentazione da evitare.