La riforma del commercio in Valle, frutto di una lunga gestazione in Consiglio Valle, vede la luce alla fine di un percorso fatto di grandi discussioni. Non bisogna stupirsene, essendo in gioco non solo grandi interessi economici, ma anche delicati problemi di tutela e di interpretazione degli spazi del nostro Statuto d'autonomia per evitare che sia come una margherita che uno ad uno perde i suoi petali.
E' quello del commercio un tema che conosco bene, avendo seguito le riforme degli anni Novanta, quando a liberalizzare fu l'attuale candidato premier del Partito Democratico, Pier Luigi Bersani, ed anche il dibattito vivace di questi mesi in Valle mostra la posta in gioco. Basti pensare al parere che i commercianti hanno chiesto al grande costituzionalista Valerio Onida.
L'argomento è complesso e certi passaggi giuridici sfuggenti, per cui il mio intervento in discussione in Consiglio Valle doveva servire, nelle mie aspettative, a mettere ordine nei miei pensieri.
Spero di esserci riuscito e vi propongo a proposito il mio intervento che mira certo agli aspetti giuridici ma si spinge anche a problemi più vasti, come la crisi del commercio al dettaglio.
Nasce ufficialmente l'Union Valdôtaine Progressiste, dopo alcune settimane di incubazione.
Il caso vuole che l'approvazione dello Statuto e la scelta della Presidente - un volto nuovo, Alessia Favre, che svolgerà gratuitamente il suo ruolo e non si candiderà alle regionali - sia stata in contemporanea con il lancio della candidatura di Laurent Viérin per la Camera dei Deputati.
In un clima vivace e partecipativo, il lungo pomeriggio ad Aymavilles ha dimostrato l'impronta di novità che il Movimento impone nella politica valdostana. Certo è l'inizio di un cammino in un clima non facile nella cappa antidemocratica che, malgrado tanti bla bla e dichiarazioni propagandistiche, è calata sulla Regione e lo dico con mestizia ma con la serenità di chi ha deciso di reagire.
Intanto vi propongo il mio intervento di ieri.
Torno all'antico: come deputato e come parlamentare europeo gli strumenti ispettivi - genere interrogazioni, mozioni o ordini del giorno - erano un lavoro quotidiano.
Rientrato in Valle, essendo in maggioranza, non si usava farlo per ovvie ragioni se si è Esecutivo e per nulla se si è membro di Assemblea, come avviene a Roma e a Bruxelles, dove si fa a qualunque schieramento si appartenga.
Ma da noi il consigliere di maggioranza non usa "disturbare" il suo Governo: peccato, perché questo metterebbe un maggior interesse nelle sedute.
Adesso che sono all'opposizione sono libero di "ispezionare".
Ecco la mia interpellanza sulla mancata - da sei anni! - regionalizzazione del Catasto. Strano ma vero!
Alla fine si passa dalle riunioni sul territorio al Consiglio Valle: questo il destino del nuovo gruppo politico di cui sono uno - ormai uno dei tanti - fondatori.
Siamo in tre - Laurent Viérin, Andrea Rosset ed io - e forse avremmo potuto essere di più e un giorno si capirà perché così non è. Niente di nobile.
Ho partecipato, nella prima seduta dell'Assemblea del 2013, al dibattito che si è sviluppato direi in modo interessante, se non fosse che alcuni, pur legittimamente, hanno fatto più campagna elettorale che riflessioni politiche sul punto. Così è in politica e non me ne stupisco affatto.
Propongo qui il mio intervento.
«Honni soit qui mal y pense» si può all'incirca tradurre con «vergogna a colui che pensa male». È il motto dell'Ordine inglese della Giarrettiera, che sarebbe stato istituito, secondo una tradizione leggendaria piuttosto accreditata, dal Re d'Inghilterra Edoardo III in onore della propria amante, la contessa di Salisbury, alla quale durante un ballo era caduta nella foga del gesto una giarrettiera. Il Re - in evidente intimità - si precipitò a raccoglierla e rimproverò con tali parole - usando il francese che era la "lingua nobile" dell'epoca - i cortigiani che sorridevano maliziosamente fra loro dell'episodio.
La frase oggi si usa ormai in modo ironico per chi voglia fare l'innocente ma in realtà non lo sia affatto. Mi veniva in mente ieri sera, ma non ho usato l'espressione in quel contesto e l'annoto qui, pensando a chi gioca le sue ultime cartucce accusando i fautori del nuovo movimento politico, svelato ieri sera, di chissà quale complottismo coltivato nel tempo e di chissà quali intenzioni distruttive. Si tratta di una nota logica amico-nemico che finirebbe per non portare da nessuna parte e in cui non ho voglia di impegnarmi.
Per cui, essendo l'ultima volta che ne parlerò, per non stufare nessuno con ricostruzioni ormai buone per la memorialistica, rassicuro che ogni tentativo - personale e politico - di evitare rotture è stato espletato e chi dice una cosa diversa fa il furbo e merita una giarrettiera con il motto sopracitato. Ciò detto, fine delle trasmissioni.
Penso davvero che non si debba più giocare a ping pong in una logica «tu dici e io rispondo». Che ognuno faccia la propria strada e illustri le proprie ragioni e poi ogni valdostano sceglierà in cuor suo.
Lo dico perché trovo difficile concepire una politica fatta di rappresentazioni grottesche come sta avvenendo nella politica italiana che necessita ormai un navigatore satellitare per destreggiarsi negli eventi.
Il caso più clamoroso è la "salita" in campo di Mario Monti, che da timido e introverso - in una trasformazione degna de "Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde" - si è trasformato in verboso e attaccante nella curiosa scelta di vita ad una nuova Democrazia Cristiana benedetta addirittura dal "Ppe - Partito popolare europeo" e dal Vaticano, segno che non capisco niente. Monti a me sembrava un laico liberaldemocratico, ma della sua trasformazione ho avuto una contezza tardiva e con lui di una serie di Ministri ormai in campo con lista e agenda.
Ho già detto che ho trovato l'Agenda Monti deludente per tutto quello che ci può interessare - tipo regionalismo e autonomie speciali e direi il complesso delle riforme costituzionali - e anche per il resto è di una grande vaghezza e si occupa di sistemi così massimi da non capire bene che cosa si voglia fare.
Peccato, ma ecco la registrazione del mio intervento a Hône!
Il mese di giugno resta il mio preferito. Sarà perché indelebilmente legato alla fine della scuola e dunque a quella sorta di liberazione di cui, da studenti, si è in qualche modo inconsci per quegli spazi di libertà grazie ad estati non ripetibili da adulti per la loro impagabile durata.
Ma, per fortuna, la nostalgia funziona solo se opportunamente alimentata dalla vita corrente. Per cui giugno, per chi fa politica, è un momento salutare per mettere fuori il naso dagli uffici per evitare che si trasformino nella pericolosa “turris eburnea”.
Cesare Marchi così ne evoca origini e significato: “Còllum tùum sìcut tùrris ebùrnea, il tuo collo è come una torre d'avorio, dice alla bella Sulamita il Cantico dei cantici, attribuito a Salomone (VII, 5). S'ispirò a questo versetto Modigliani per i suoi famosi colli? Torre d'avorio è anche un attributo della Madonna nelle litanie lauretane. Nell'uso corrente indica il volontario e talora sdegnoso isolamento in cui si rinchiudono esponenti della scienza, dell'arte, della cultura, evitando i contatti con la realtà esterna, per meglio dedicarsi allo studio e alla creazione”.
In politica “torre d’avorio” ha il pessimo significato di chi si chiude a riccio e perde il contatto con la realtà e, in fondo, con i cittadini.
Quanto di peggio possa capitare.