Ah! L'Europa! Quante volte mi capita di doverne parlare e lo faccio volentieri da tanti anni, ritenendolo un mio dovere.
L'ho fatto ieri mattina con un gruppo di ragazzi delle scuole di Verrès in bassa Valle d'Aosta con ospiti francesi, portoghesi e siciliani. Sono stati protagonisti specie loro, i giovanissimi, opportunamente istruiti dagli insegnanti.
Il contenuto e il tono del mio intervento - che qui riporto - è stato diverso con un intervento nel tardo pomeriggio all'Università della Valle d'Aosta con la presenza di diversi docenti e di parecchi studenti.
Torno sull'apertura della Scuola e poi, per carità, parlerò di altro. Per fortuna qui registro pensieri vari anche per sfuggire ai rischi di concentrarmi solo dal mio lavoro e dai dossier che devo seguire.
Scrivo per tenermi in palla e anche per distrarmi. Un impegno che mi fa piacere e so che siete parecchi che gettano uno sguardo.
Ieri, lunedì 13 settembre, la gioia dell'apertura è stata come un respiro di aria fresca, malgrado certi problemi iniziali che non ho omesso per nulla. Sento profondamente il dovere di risolvere alcuni problemi sul tappeto, anche se non è facile, essendo il mondo scolastico assai composito.
Intanto, ecco il mio intervento a Cogne.
Parlare in pubblico, quando capita e non solo di questi tempi e nell'attuale mandato nell’emiciclo del Consiglio Valle, è per me un piacere. Ritengo che ogni occasione sia buona per esprimersi e appartiene ai doveri di un politico e lo era già ben prima che il mondo dei "social" aprisse nuovi canali e modalità di comunicazione.
Aggiungerei, però, quanto sia bello farlo con un uditorio davanti in carne ed ossa. Una sala con esseri umani consente a chi parla di regolarsi con il clima che si crea e vedere le reazioni, anche se - bisogna essere sinceri - la mascherina quale problema di visibilità dell'espressione dei volti lo manifesta per ovvia evidenza.
Ma quel che conta è l'attenzione sospesa: un pubblico attento e silenzioso e non è distratto e dopo anni di discorsi nei posti più disparati e non solo istituzionali si matura una specie di istinto che ti consente di valutare in corso d'opera se si crea o no il giusto feeling che serve per avere un buon risultato. Qui propongo un mio discorso di ieri alla Assemblea della "Confindustria" valdostana, ospitata nella singolare location di un hangar dell'aeroporto di Aosta.
Si tratta di guardare avanti, ma ricordando le radici.
Nei giorni scorsi è stato ad Aosta Francesco Tomatis, professore universitario e filosofo cuneese, che ha scritto in questi anni su argomenti assai interessanti attorno alle questioni della montagna e anche su personalità molto vicine alla Valle come il celebre Luigi Einaudi ed il filosofo di origine valdostana (Morge di La Salle) Luigi Pareyson. "La via della montagna" (editore Bompiani) è il suo libro più recente, che presenta in ben settecento pagine fatte di idee, problemi, personaggi, in modo variegato e sempre convincente con estrema profondità culturale, da cui non si può che imparare.
Ne consiglio la lettura, che va fatta con la lentezza di chi ne deve apprezzare la ricchezza di contenuti e anche certi passaggi che obbligano alla riflessione.
Il vantaggio è che i molti capitoli si possono leggere con calma, essendo disgiunti, pur nel disegno complessivo dell'opera.
Ecco la registrazione, con alcuni miei passaggi nella presentazione, di quanto detto ad Aosta.
Lo so: al cuor non si comanda. Come uno dei fondatori di MOUV' non potevo esimermi da dire qualcosa al comizio di chiusura. L'ho fatto portando sul palco una vecchia valigia, zeppa di oggetti che servivano per raccontare idee, speranze e anche le paure e le delusioni.
La Politica resta una passione nella mia vita e non si può lasciarla da parte, anche quando non si hanno ruoli apicali di movimento e non si è in corsa per un seggio. Anzi, proprio per questo bisogna proporre la propria testimonianza civile in momenti di passaggio in cui "chiamarsi fuori" suonerebbe come un tradimento dopo una vita spesa in larga parte nell'impegno pubblico.
Buon ascolto.
Carlo Bertini de La Stampa intervista il Professor Massimo Luciani, accademico dei Lincei e costituzionalista, sulla riforma costituzionale sul premierato.
Una scorciatoia che Giorgia Meloni ha costruito come un vestito da indossare per il futuro. Avrò tempo di scriverne a fondo: resto, intanto, convinto che non spiri aria costituente, che prevede un sentimento più vasto e inclusivo. In più le riforme costituzionali non si fanno a spizzichi e bocconi “Cicero pro domo sua”.
Ma ho citato Luciani per una sua dichiarazione esemplare più generale: “Servirebbe la ricostituzione di una vera società civile, ricostruire il sistema dei partiti, rimettere in campo soggetti del pluralismo disponibili al dialogo e non soltanto feroci curatori dei loro interessi particolari (si tratti, che so, dell'ambientalismo o della tutela della famiglia tradizionale). Insomma, si dovrebbe recuperare l'arte della mediazione e ricostituire quei meccanismi di solidarietà sociale che il Paese ha smarrito e che invece aveva dimostrato di saper produrre nella prima parte della pandemia. A fronte dell'enormità di questi problemi, il topolino partorito è palesemente inadeguato”.
Sottoscrivo!